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Quella scomoda verità sulla chiusura della Ticosa

Le vere origini del tracollo Il racconto del capo del personale che visse i momenti finali della fabbrica In Ticosa, Mario Pratelli era arrivato come dirigente nel 1971. Qualche anno più tardi, avrebbe portato a Como tutta la famiglia. Allora, poco più che quarantenne, non avrebbe certo immaginato di dover accompagnare fino alla fine dei suoi giorni quel colosso industriale. «Nei molti ricordi, ormai appannati dal tempo – racconta Pratelli – uno solo emerge vivido nella memoria del mio periodo di dipendente della Pricel di Parigi, quale dirigente della Ticosa con delega, negli ultimi anni, a capo del personale. Una data, il 3 ottobre 1980. La mattina di quel giorno, recandomi come al solito in ufficio, la prima telefonata mi arrivò da Parigi e mi preannunciò l’arrivo di un telex da consegnare a Unione Industriali e sindacati. Non ebbi bisogno di chiedere chiarimenti, perché mi fu facile prevedere il contenuto: segnava la fine della Ticosa. Semplice immaginare il mio stato d’animo di quel giorno, soprattutto nel dover ufficializzare la conseguente perdita del lavoro per circa 700 persone». Dopo anni di crisi, la Pricel – ai primi di settembre del 1980 – aveva presentato ai sindacati un piano di ristrutturazione che prevedeva importanti investimenti per il rinnovo degli impianti a fronte di una congrua riduzione dell’organico. «Le ripetute riunioni all’Unione Industriali – ricorda ancora l’ex dirigente della Ticosa – svoltesi nel corso del mese di settembre fra le controparti, si erano concluse con un nulla di fatto. Anche a fronte di un aumento della cifra degli investimenti da parte di Pricel, i sindacati avevano continuato rigidamente a opporsi a un solo licenziamento. Si può forse supporre – conclude Pratelli – che la Pricel, dopo aver già abbandonato le diverse attività tessili in Francia e nei Paesi Bassi per concentrarsi sulla Chargeurs Réunis (colosso francese nel settore dei trasporti marittimi, terresti e aerei, ndr) cercasse solo l’occasione per liberarsi anche della Ticosa: se così fu, i sindacati gliela avevano offerta su un piatto d’argento». Dopo l’arrivo del telex la fabbrica venne occupata, ma non servì a nulla. Il 5 ottobre 1981 – cessati i 12 mesi di cassa integrazione straordinaria, durante i quali numerosi dipendenti vennero assunti da altre aziende comasche del settore tessile – la proprietà avviò il licenziamento degli ultimi lavoratori rimasti.

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