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Porte sbarrate al Museo del Ghisallo. Un tesoro che il Lario non ha saputo valorizzare

Lo schiaffo alla storia L’incredibile vicenda della struttura Torriani: «Ripartiamo con iniziative di alto profilo» Un riferimento mondiale, una località conosciuta ovunque, dagli appassionati di ciclismo, per il suo santuario e per il suo museo. E lo schiaffo alla storia ha lasciato perplessa – per usare un eufemismo – tanta gente. Addetti ai lavori, ciclisti di ieri e di oggi, appassionati. Il Museo del Ghisallo chiude per cinque mesi, dal 4 novembre fino alla fine di marzo del prossimo anno, poi eventualmente si vedrà. I costi pesanti da sostenere hanno portato a questa situazione. La struttura che più di tutti volle il grande Fiorenzo Magni – scomparso il 19 ottobre del 2012 – è in seria difficoltà. E il mondo del ciclismo si interroga. Lo stesso vale per chi opera nel territorio comasco, visto che, anche sul fronte economico, sportivo e turistico, il Ghisallo è un importante volano. Che però, se questa è la situazione, non è stato ben valorizzato e sostenuto. La fase è ancora quella della riflessione, delle valutazioni, anche se c’è già chi sta pensando di muoversi concretamente. È il caso della Comunità Montana Triangolo Lariano. Un progetto c’è, come annuncia il presidente Vittorio Molteni: «Ne parleremo prima con la Fondazione Museo Ghisallo, come è giusto. Ma posso garantire che non siamo indifferenti e saremo anche noi in prima linea per trovare una soluzione positiva». Marco Torriani è figlio del grande Vincenzo, per anni patron delle più importanti gare ciclistiche del nostro Paese. Lui ha vissuto tutti i passi della vita del museo ed è stato a lungo consigliere della Fondazione, prima di passare il testimone al fratello Gianni. «Bisogna ripartire dalle radici, dalla storia, per costruire qualcosa che duri nel futuro – spiega – E il Ghisallo è qualcosa di solido, per quello che rappresenta, sotto il profilo religioso, prima di tutto, e poi culturale e sportivo». «Io ho in mente alcuni progetti – dice ancora Torriani – ne avevo parlato anche con Magni pochi giorni prima della sua scomparsa. Per il rilancio sono necessarie iniziative di alto profilo, qualcosa di incisivo e duraturo, riazzerando tutto e ripartendo con nuove prospettive e con, ad esempio, un mix di professionisti e di volontari che possano dedicarsi alla struttura e alla sua vita». Tra gli imprenditori del territorio che sono intervenuti sull’argomento c’è Alberto Sorbini, presidente di Enervit, che in una intervista alla “Gazzetta dello Sport” ha dichiarato: «Sono pronto a impegnarmi. Ma a due condizioni: che ci sia non un genio, ma un manager, che si impegni otto ore al giorno per guidare il museo. E che ci sia un piano credibile su cui confrontarsi». I consiglieri regionali del Pd Luca Gaffuri e Raffaele Straniero hanno presentato un’interrogazione all’assessore regionale allo Sport, Antonio Rossi. «La Regione faccia la sua parte – hanno scritto – Per la Lombardia è importante che questa realtà non si spenga. Vogliamo pungolare la giunta a investire sul museo in termini sia di carattere economico sia di piano strategico di valorizzazione». Massimo Moscardi

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