Franco Ballabeni

L’AUTORE Franco Ballabeni, un comasco sulle tracce di Kurt Schwitters Artista e compositore, Franco Ballabeni (nella foto in un autoritratto, click per ingrandire) è di origine milanese e vive a Colico. La sua impostazione estetica e formale appartiene all’avanguardia che si ispira al Dadaismo, all’Arte Povera e al movimento Fluxus. Inizialmente, i suoi studi artistici nell’ambito della grafica pubblicitaria si sono svolti all’istituto “Enalc” di Milano, poi alla Scuola d’Arte Applicata del Castello Sforzesco. Kurt Schwitters è l’artista delle avanguardie storiche che, per Ballabeni, è un riferimento costante, artistico ed ideologico. Dal 1984 partecipa alle principali mostre di poesia visiva, arte postale e poesia sonora, in Italia e all’estero. Ha collaborato con gli artisti Ruggero Maggi, Giovanni Fontana, Gianni Broi, Nicola Frangione, Carla Bertola, Alberto Vitacchio e Antonio De Marchi Gherini. La sua pagina Facebook è costantemente aggiornata con contributi visivi e musicali. L’OPERA Anche nella creatività più cosmopolita hanno senso materiali e simboli del territorio Lorenzo Morandotti Fare arte significa non avere vincoli di genere e di linguaggio e nemmeno di appartenenza territoriale. Se questo empito di libertà ha avuto senso, nel secolo scorso, e ha prodotto indubitabili capolavori, per molti che si fermano a una visione superficiale del tema e della vocazione alla creazione artistica è un assioma che ha ormai spento la propria spinta propulsiva. E anzi rischia di essere un boomerang o un mero alibi. Anche nell’arte di un compositore e poeta visivo che sembrerebbe svincolato da qualsivoglia legame con l’ambiente in cui vive, in realtà è possibile ravvisare vincoli e legami specifici riferibili, guarda caso, proprio al Lario. «La mia è arte visiva del quotidiano proiettata in avanti, in prospettiva di una ricerca personale sempre nuova, basata su un linguaggio originale dove ironia, poesia e provocazione si mescolano in un azzardo osmotico». Così si presenta Franco Ballabeni, che da Colico manda per il mondo opere davvero cosmopolite, nel senso che le sue partiture, i suoi video e le sue opere fanno parte di un circuito d’élite e di avanguardia internazionale, che è ormai uscito da tempo dal concetto di “galleria” e di “museo” e anticipando di gran lunga la logica di Internet ha posto al centro, ad esempio con fenomeni come la “Mail art” ossia l’arte postale, il concetto di “rete”. «Un senso di appartenenza viene sempre meno ogni anno che passa. Con la tecnologia siamo tutti connessi e io posso dirmi al tempo stesso lariano, italiano e tibetano», dice Ballabeni. Eppure a far parte delle sue performances che ambienta spesso in località come Dongo e Domaso sono artisti che vivono e operano sulle sponde del lago. E i materiali “poveri” che fanno parte delle sue sculture sono frutto di una riflessione – anche in chiave ecologica – che pone l’accento, ancora una volta, sulla “filiera corta” degli oggetti e dei contesti in cui la nostra vita è ambientata. E qualche volta nella tavolozza di Ballabeni si gioca anche sul piano simbolico: una pietra trovata in quel di Pianello diventa un pesce, essere vivente a sua volta portavoce dell’immagine del lago. In questa polifonia di materiali, in cui Ballabeni tiene presente tutto quello che offre la tecnica, dall’antichità più remota all’era di Facebook, trovano spazio anche i simmetrici “Pesci azzurri” che ospitiamo oggi, un’opera del 2011 realizzata con semplici pezzi di ferro e piastrelle. GALLERIA FOTOGRAFICA: GALLERIA VIDEO: