Franco Spazzi

L’AUTORE Franco Spazzi, maestro amato da Maria Corti e Franco Loi Franco Spazzi (nella foto, click per ingrandire), pittore nato a Milano nel 1936 e con forti radici intelvesi, è apprezzato da scrittori come Franco Loi e Maria Corti per le sue poesie in dialetto lanzese. Le ha raccolte in vari volumi tra cui ’L sas de noof (Como, Dominioni, 1993), S’crif sura i mur (Novara, Interlinea, 2002), A coomeen (Milano, La vita felice, 2004) e ’L libru di uus (Milano, Bocca, 2007). Spazzi ha una intensissima attività di pittore e docente di acquerello. Ha tenuto molte personali tra cui, nel 2007, un omaggio a Johann Sebastian Bach. Nel 2006 ha partecipato a una collettiva del movimento “Nuovo costruttivismo” alla libreria Bocca in Galleria Vittorio Emanuele a Milano. L’OPERA Sintesi di azione e contemplazione L’acquerello è poesia che si fa luce Lorenzo Morandotti Spirito «anarchico e frastagliato», Franco Spazzi (la definizione, azzeccata, è della moglie Flavia Giuliani, fine studiosa della poesia di Dante). Il pittore meneghino ha iniziato il suo percorso artistico sperimentando, in assoluta libertà, la lezione dei grandi maestri, da Emil Nolde a Vassily Kandinskij, senza alcuna velleità accademica. Da sempre il suo linguaggio tende alla sintesi, e ha cara infatti questa frase di Franz Kafka: «La contemplazione e l’azione hanno la loro verità apparente; ma solo l’azione che procede dalla contemplazione, o meglio che ritorna in essa, è la verità». Spazzi, per tradurre concretamente queste suggestioni si serve – oltre che della sua poesia in dialetto intelvese, di cui è virtuoso – dell’acquerello. Tecnica difficile, particolarmente rapida, fatta di trasparenze e tonalità liquide: la perfetta sintesi tra azione e contemplazione, tra luce e colore che promanano dal reale, in un esercizio a carattere eminentemente spirituale che ha affinità con il buddismo zen. In Spazzi la bellezza si coglie davvero sempre nell’istante. Ma anche l’occhio meno esperto e allenato percepisce subito la pazienza certosina, il lavoro di scavo che presiede a ogni suo gesto pittorico, per quanto fulmineo e apparentemente casuale (il “naif” non appartiene però all’arte di Spazzi in cui tutto è poeticamente logico e misurato). Non è un caso se il maestro tiene, da anni, un apprezzato corso evoluto di acquerello, praticamente un master in cui chi partecipa è chiamato a far emergere il meglio di se stesso come artista e anche come essere umano. «Pittura di sintesi ma profondo scandaglio introspettivo», per Spazzi l’acquerello è una disciplina complessa, che ha alla sua base una precisa conoscenza tecnica, indispensabile per una corretta ed esauriente espressione che gioca sul segno, sul colore e sulla musica. Nel mondo pittorico di Spazzi si possono riconoscere cinque fasi. La prima vede il confronto tra due spinte, la grafica e la figurativa. La seconda vede l’immaginario dell’artista sovrapporsi al reale, fino a trasformarlo. Nella terza si va verso una più marcata astrazione, mentre nella quarta c’è la ricerca di un linguaggio dove l’autore – anche attraverso l’inserimento di geroglifici egizi e altri arcani alfabeti – mette in scena il proprio microcosmo mentale. La quinta fase è pervasa di simbolismo: un viaggio nello spirito dipinto in un lirismo informale. È comunque sempre forte in Spazzi la presenza della Valle Intelvi con le sue luci e i suoi colori. Il pittore e poeta vi ha vissuto a lungo, a stretto contatto con le sue genti e la sua natura, tanto che oggi ne è forse l’interprete più profondo e acuto. L’opera che presentiamo in grande formato nella nostra galleria d’arte comasca, Falò del 1996 è dedicata ai festeggiamenti per la Beata Vergine di Loreto, cui la gente di Lanzo è devotissima. Un esempio di convivenza tra simbolismo e figurazione di rara forza espressiva. GALLERIA (clicca su una immagine per visitare la Galleria)