Enrico Collina

L’AUTORE Enrico Collina, dalla direzione d’orchestra a pittura e scultura Enrico Collina (foto) dopo gli studi di direzione d’orchestra al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano è stato per vent’anni responsabile dell’Orchestra Sinfonica e Coro della Rai di Milano con cui ha suonato in tutta Europa. Come responsabile dello Studio di fonologia ha musicato sceneggiati come Ambrogio da Milano di Bettetini e La contessa di Castiglione di Guardamagna. Con Nichi Stefi, nel 1974, ha lavorato al Dr. Faust per il Piccolo Teatro di Milano; nel 1977 ha realizzato “ComPilAzione – Omaggio a Alessandro Volta”, concerto “per calcolatore e orchestra”. Ha condotto per alcuni anni Caffè Martinetti e Cultura News per i palinsesti Rai. Dal 1984 si dedica stabilmente anche a pittura e scultura. Ha realizzato una serie di mostre a Como, al Cairo e a Cipro. L’OPERA Note e materia pittorica si “lavorano” allo stesso modo. Lo dice Enrico Collina, una vita votata alla musica e ora a pittura e scultura: «Essendo stato per anni uno che, per mestiere, doveva “mettere le musiche alle immagini” – racconta – cioè valorizzare e interpretare le immagini con la musica, a un certo punto mi sono stufato. Non volevo che fosse la musica a servire le immagini, ma il contrario. Appena ho avuto l’occasione di fare il regista, ho messo in pratica questa mia esigenza. Sceglievo una musica e montavo le immagini in modo che la valorizzassero, che la interpretassero, indipendentemente dal loro significato. Il mio lavoro è stato apprezzato ed è diventato addirittura un format di ripresa delle mostre d’arte. Ovvio quindi il passaggio alla pittura». Galeotto fu il gatto. La colpa di questo passaggio dalle note al colore è stata di un felino randagio che Enrico Collina ha raccolto e portato a casa. «Era il 1983 – ricorda l’artista – era appena morto mio padre (l’indimenticato poeta Piero Collina) e mi aggiravo per casa con questa bestiola sempre attaccata. Ho cominciato a disegnarla e non ho più smesso». Ma la musica non ha cessato di manifestarsi anche nella pittura. Dipingere, per Enrico Collina, significa innanzitutto manipolare la materia. E così come si parte da una manciata di note e intorno a esse si costruisce una sinfonia, allo stesso modo, intorno a un pezzo di materia o a un colore si va sedimentando l’opera. Il colore è denso, brillante, la tela è spesso un supporto di legno pressato e frequente è l’uso di inserti recuperati dalla spazzatura. Vecchie schede elettroniche, oggetti della vita contadina, persino bustine di zucchero: tutto diventa materia utile che attende un “recupero di senso”. «Non un gesto polemico o “contro”, come quello della trash art che si opponeva all’uso consumistico degli oggetti – annota giustamente il critico Nichi Stefi – ma un amore per le cose e la storia ch’esse racchiudono». E se l’arte per Collina è sperimentazione, non va dimenticato l’aspetto giocoso, fondamentale per capirne lo stile. Lo dimostra l’opera qui raffigurata appartenente al ciclo dei “Laghi di Como”. La silhouette del Lario, com’è noto, richiama un uomo in cammino, un uomo che può essere “ricamato”, “furtivo” o “giurassico”, com’è il caso di quest’opera, una specie di Lario primordiale che ancora deve trovare la sua forma definita.