Propaganda politica nelle scuole: siamo tornati ai tempi del duce | Tuo figlio indottrinato come un chierichetto
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Propaganda politica nelle scuole: cosa sta succedendo? C’è chi la prende male, asserendo che siamo tornati ai tempi del duce. E chi la guarda dall’altra prospettiva. Ma che cosa? Tuo figlio indottrinato come un chierichetto: ecco di che parliamo.
Ma per capirlo, serve un passo indietro. La scuola, per definizione, dovrebbe essere il luogo dell’apprendimento, della crescita e della libertà del pensiero.
E, di base, non un’arena di scontri ideologici o di condizionamenti. Nata per formare le menti del futuro, la scuola rappresenta il primo vero terreno su cui si costruisce la società di domani.
Eppure, sempre più spesso, questo spazio che dovrebbe essere neutrale e dedicato esclusivamente al sapere rischia di trasformarsi in un campo di battaglia per opinioni personali, prese di posizione e – in alcuni casi – veri e propri tentativi di indottrinamento.
L’istruzione, nella sua essenza più pura, ha il compito di fornire gli strumenti per comprendere, analizzare e scegliere in autonomia. E dovrebbe essere un punto fermo.
La scuola come tribuna politica: cosa è successo
La scuola non deve dire cosa pensare, ma come pensare. Eppure, in tempi recenti, si è assistito a un progressivo slittamento verso un modello educativo dove la neutralità lascia spazio all’opinione, dove i docenti – talvolta inconsapevolmente – finiscono per trasmettere più le proprie convinzioni che nozioni oggettive.
Il rischio è evidente: trasformare la scuola da luogo di formazione a spazio di conformazione. Ogni materia, dal linguaggio alla storia, dalla filosofia all’educazione civica, può diventare terreno fertile per interpretazioni personali. E se da un lato il dibattito e la pluralità di idee sono fondamentali per la crescita culturale degli studenti, dall’altro lato è necessario che chi insegna mantenga un equilibrio rigoroso, una distanza critica che garantisca imparzialità. Non c’è formazione senza libertà di pensiero, e non c’è libertà se chi apprende è guidato da pregiudizi o da visioni parziali.
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La polemica è servita: la scuola nel mirino
Per questo, sempre più genitori e osservatori chiedono che la scuola torni ad essere un luogo neutrale, dove il sapere non è strumento di propaganda, ma di emancipazione. Dove l’insegnante non è un portatore di verità assolute, ma un facilitatore di conoscenza.
Di recente, sulla pagina social andreacassaniofficial è venuto a galla il tema con una nuova pagina attualissima: a quanto pare al Liceo Volta di Torino, una attivista avrebbe parlato della questione palestinese in termini e modi che parrebbero particolarmente parziali o comunque personali. Propaganda o meno? Ognuno tragga le proprie considerazioni.
