Capo, me ne vado: NUOVI PERMESSI PER I LAVORATORI | L’azienda non può rifiutarli

lavoratore - pexels- corrierecomo
Capo, me ne vado: è ufficiale, è un tuo diritto, e non può farci niente, se non mandare giù il ‘boccone amaro’. Di che cosa si tratta? Svolta epocale. Ecco i nuovi permetti per i lavoratori: lo dice la Cassazione. L’azienda non può rifiutarli.
Di che parliamo? Per capirlo serve un passo indietro. Ogni rapporto di lavoro, lo sappiamo, è fondato su un equilibrio delicato tra diritti e doveri.
Da un lato il dipendente è tenuto a rispettare una serie di regole e obblighi, dal corretto svolgimento della mansione all’osservanza degli orari e delle direttive del datore di lavoro.
Dall’altro, però, esiste un insieme di diritti che non possono essere messi in discussione o calpestati, perché sanciti dalla legge e dalla Costituzione.
Proprio su questo fronte, di recente, la Corte di Cassazione è intervenuta ribadendo alcuni principi fondamentali. La vicenda riguardava un lavoratore che aveva denunciato comportamenti ritenuti vessatori e penalizzanti da parte dell’azienda.
Che cosa ha detto Cassazione
La Suprema Corte ha chiarito che nessun vincolo contrattuale o esigenza organizzativa può giustificare la violazione di diritti del lavoratore. In altre parole, se è vero che il dipendente deve rispettare le direttive, è altrettanto vero che l’azienda non può abusare del proprio ruolo imponendo condizioni che ledono la persona. Meglio ancora: i diritti dell’azienda non devono prevalere su quelli del lavoratore.
Anzi, semmai, vale il contrario. Un principio che sembra ovvio ma che, nella pratica quotidiana, non sempre viene rispettato. Il pronunciamento della Cassazione ha un valore che va oltre il singolo caso. Rappresenta un monito per tutte le aziende e una tutela rafforzata per i lavoratori, i quali possono sentirsi legittimati a far valere le proprie ragioni senza timore di ritorsioni. E siamo al punto specifico.

Puoi dire di no, se l’ordine a lavoro lede un tuo diritto
La Cassazione ha parlato chiaro, di recente, sancendo che è Legittimo il rifiuto dell’orario di lavoro nel caso in cui risultasse incompatibile con esigenze personali: e il datore deve tenerne conto e accettare il rifiuto del dipendente senza alcuna azione punitiva o simile.
Lo dice la Cassazione, con la sentenza n°18063 del 2025: le esigente dipendenti sono prioritarie, per certi versi, rispetto alle esigenze dell’azienda: quanto meno deve esserci un bilanciamento e le necessità personali non sono sacrificabili e l’azienda ne deve tenere conto andando a plasmare l’orario di lavoro e la divisione dei compiti in relazione alle necessità di ogni singolo lavoratore.