Caos, fame e disperazione: la striscia di Gaza italiana | Il governo non fa niente per sistemare le cose
Meloni - corrierecomo
Caos, fame e disperazione: la striscia di Gaza italiana. Ecco come viene clamorosamente definita da chi ne vive i disagi. Quali disagi? E come mai nessuno interviene? La polemica divampa, e non da oggi.
Forse esagerando, certo: ma è così che qualcuno definisca la situazione che sta vivendo. Se non altro per rendere l’idea di quello che accade.
E insiste: “il governo non fa niente per sistemare le cose”. Ma quali cose? Il problema è di natura economica, sociale, e anche psicologica.
Le difficoltà sociali che sempre più spesso si vivono nel nostro Paese lasciano davvero senza parole. In un’Italia che si definisce moderna e sviluppata, c’è ancora una parte di popolazione che fatica.
Ogni giorno una lotta per provare ad arrivare a fine mese, a pagare le bollette, o semplicemente a mettere un piatto caldo in tavola. Mangiare, addirittura, diventa quasi un lusso.
Come Gaza: la sofferenza e la frustrazione di questi italiani
La crisi economica che molti italiani affrontano non è più solo una questione di numeri o di statistiche, ma una realtà concreta, fatta di rinunce, precarietà e paura del futuro. Non si parla soltanto di disoccupazione o stipendi bassi: a pesare sono anche l’aumento del costo della vita, l’inflazione, le difficoltà abitative e la scarsità dei servizi sociali.
Tutto questo contribuisce a creare un senso di fragilità diffusa, una sensazione di abbandono che colpisce soprattutto le fasce più deboli — anziani, famiglie numerose, giovani precari e persone con disabilità. In alcune aree del Paese, la povertà è tornata a livelli che ricordano epoche che si credevano superate. La situazione, in certi casi, appare drammaticamente simile a quella che si osserva in contesti meno sviluppati del mondo. Da qui il riferimento a Gaza.

Paragonata a Gaza: il disagio di questi cittadini divampa
Certo, le forme di miseria sono diverse, ma il dolore umano è lo stesso: chi non ha più una casa, chi è costretto a rivolgersi alle mense dei poveri, chi vive di lavoretti saltuari o dipende dagli aiuti delle associazioni di volontariato.
Già, appunto, le mense. Non saranno nella stessa condizione dei rifugiati politici, degli esuli, certo, e di coloro i quali scappano dalla guerra. Ma si fanno un’ora è mezz’ora di fila per entrare in mensa: questo il grido di lamentela che a Bari prende il via, montando sulla rabbia dilagante degli studenti. Quali studenti? Il problema, a Bari, pare che si ripeta da anni: gli studenti universitari che utilizzano la mensa Cum di via Amendola a Bari sarebbero costretti ogni giorno a fare lunghe code. A pranzo e a cena. Con la beffa extra: gli orari del servizio, gestito dall’Adisu, non sembrano essere compatibili con quelli delle lezioni. “Sembra Gaza”, qualcuno arriva a dire, forzando un po’ la mano e il tiro delle dichiarazioni per dare l’idea di un senso di frustrazione dilagante.
