Il Kebab degli orrori: un panino può rovinarti la vita | Danni permanenti gravi
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Il Kebab degli orrori: un panino può rovinarti la vita. La notizia, diffusa di recente, è agghiacciante. Danni permanenti gravi. Lo sgomento si diffonde a macchia d’olio, ovunque, e non sono in pochi a chiedere di intervenire con urgenza.
L’Italia, lo sappiamo bene, è visto da tutti come un piccolo ma grande Paese, anzi, immenso dal punto di vista culturale, artistico e umano.
La nostra storia millenaria, le tradizioni radicate e la ricchezza del patrimonio che custodiamo ci rendono unici nel mondo.
Eppure, nonostante l’attaccamento alle nostre origini, siamo anche un popolo capace di accogliere, assorbire e reinterpretare influenze provenienti da ogni parte del pianeta.
È questo equilibrio tra orgoglio identitario e apertura culturale che rende l’Italia così viva e dinamica. Lo si vede in moltissimi ambiti della vita quotidiana.
Che cosa è successo, perchè rischi
Prendiamo, ad esempio, il linguaggio: negli ultimi decenni, termini stranieri — dall’inglese soprattutto — sono entrati stabilmente nel nostro modo di parlare. Non si tratta solo di una moda, ma di un segnale di cambiamento, del desiderio di dialogare con un mondo sempre più interconnesso. Allo stesso modo, anche nel campo artistico e professionale, le contaminazioni sono diventate una risorsa preziosa: architetti, designer, chef e creativi italiani collaborano con colleghi internazionali, fondendo stili e idee in progetti innovativi.
Ma forse il settore in cui questa apertura è più evidente è quello alimentare. L’Italia, patria della cucina mediterranea e di una tradizione gastronomica riconosciuta a livello globale, negli ultimi anni ha visto nascere e prosperare un numero sempre maggiore di ristoranti e punti vendita etnici, dedicati alle cucine del mondo: dal sushi giapponese ai tacos messicani, dai kebab turchi ai curry indiani, fino alle specialità africane o sudamericane.

Kebab, che cosa si rischia adesso
Già, proprio il kebab diventa un ‘pericolo’, in alcuni casi. Ma diciamolo subito: senza alcuna ‘responsabilità’ diretta o indiretta per chi, a livello generale, lo prepara e vende. Non è infatti il kebab in sé il pericolo, e neppure lo è chi lo serve ai clienti. Almeno analizzando il concetto a grandi linee.
Quello di cui parliamo è un caso di cronaca che col kebab ha in comune solo il fatto di essere ‘andato in scena’, drammaticamente, a quanto pare, propri sul retro di un negozio di Kebab. A Treviso, come raccontano le cronache, una ragazza di 16 anni avrebbe dichiarato di essere stata stordita con whisky e violentata nel retro di un negozio di Kebab.
