Abolita la scuola pubblica in Italia: ormai dovrai sborsare tantissimo | Se non hai i soldi tuo figlio rimane a casa

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Abolita la scuola pubblica in Italia: pazzesco, e da non crederci, ma di fatto è vero, anche se non ce ne rendiamo conto. Non fino in fondo, almeno. Eppure è una realtà inconfutabile: ormai dovrai sborsare tantissimo.

Se non hai i soldi tuo figlio rimane a casa: lo studio, oltre che un diritto, è un dovere, e non è un caso che le istituzioni lo impongono.

Se un genitore non consente al figlio di studiare, si sa, rischia grosso: può perdere la potestà e anche la libertà personale, nei casi estremi.

Eppure, nello stesso momento in cui lo Stato ti dice che devi far studiare tuo figlio, parimenti però ti rende questa cosa molto complicata.

Almeno economicamente parlando. Molti credono che studiare in un istituto pubblico significhi non dover sostenere alcun costo, se non quello dei libri o del materiale scolastico.

Ecco la verità sugli esborsi per lo studio

Eppure, la realtà è un po’ diversa. In Italia, anche chi frequenta una scuola o un’università pubblica deve versare una tassa obbligatoria, conosciuta come Imposta regionale per il diritto allo studio universitario (DSU). Si tratta di un contributo che ogni studente è tenuto a pagare ogni anno per poter accedere ai servizi legati allo studio.

Questa tassa, che varia generalmente tra i 120 e i 200 euro all’anno, è prevista per legge e riguarda gli studenti universitari, ma in alcune regioni può essere applicata anche ad altri percorsi formativi. La sua funzione, almeno sulla carta, è quella di sostenere i servizi e gli interventi per il diritto allo studio, come borse di studio, agevolazioni sui pasti, alloggi universitari e attività di orientamento. In pratica, dovrebbe servire a garantire pari opportunità a tutti gli studenti, indipendentemente dalle condizioni economiche.

Libri di scuola
Le famiglie devono pagare per fa studiare i figli – Corrierecomo.it – foto Canva

Tassa da pagare, altrimenti non ti fanno studiare

Tuttavia, molti ragazzi e famiglie la percepiscono come un’ulteriore spesa ingiusta, soprattutto considerando che il sistema educativo pubblico dovrebbe essere libero e accessibile a tutti. “Pagare per studiare” — anche in un contesto pubblico — sembra contraddire il principio costituzionale che riconosce l’istruzione come un diritto fondamentale.

In diverse regioni italiane, gli importi e le modalità di pagamento possono variare, ma il concetto rimane lo stesso: senza versare la tassa, non è possibile completare l’iscrizione o sostenere gli esami. In alcuni casi, chi non paga rischia addirittura la sospensione della carriera universitaria. Negli ultimi anni, non sono mancate polemiche e richieste di revisione di questa imposta. Molti studenti chiedono che venga ridotta o addirittura abolita, soprattutto per chi già affronta difficoltà economiche. Alcuni atenei, infatti, hanno introdotto esenzioni parziali o totali per gli studenti con ISEE basso, ma non ovunque è così.