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«Non siamo omofobi, ma difendiamo la famiglia tradizionale»

Il convegno Al Collegio Gallio l’affollato incontro dedicato alla “gendercrazia”. «I bambini hanno bisogno di crescere in una famiglia composta da madre e padre» Luca Volontè: «Non si può trovare un fondamento sociale a ciò che non lo ha nemmeno nella natura» Un’affluenza inaspettata, tanto da dovere aggiungere sedie all’ultimo minuto, quella in occasione del convegno “Ideologia del gender, cos’è? A favore o contro la famiglia e la libertà di opinione?” che si è svolto venerdì sera nell’Aula Magna del Collegio Gallio a Como. Eterosessualità, omosessualità, famiglia naturale e famiglia “arcobaleno” sono solo alcuni dei temi trattati dai relatori. «Viviamo in un periodo in cui non si può più parlare di benessere ma di bene/avere – dice Giovanni Fenizia, responsabile Alleanza Cattolica di Como – È necessario riappropriarci del rapporto più profondo con la natura e per questo motivo dobbiamo obbedire ai segni del reale senza trasgredire». Infatti, secondo Fenizia, la realtà non può essere modificata. «Non bisogna opporsi alla natura delle cose – spiega – I bambini hanno bisogno di crescere in una famiglia composta da madre e padre, tutte le altre alternative sono mistificazioni che i mass media ci impongono». Il problema della famiglia “arcobaleno” che pian piano sta sostituendo quella tradizionale, sembrerebbe essere il punto cruciale che spiega l’avanzamento inesorabile della “gendercrazia”. «Non si fa che parlare di omofobia – dice Chiara Atzori, medico infettivologo di Scienza e Vita a Milano – ma stiamo assistendo a un processo per cui per tutelare una minoranza, cioè chi vorrebbe vedere riconosciuti i propri diritti indipendentemente dal genere di appartenenza, si stanno ledendo i diritti della maggioranza ovvero di chi, come noi, sostiene che biologicamente una famiglia debba essere composta da un uomo, da una donna e dai figli». Precedentemente, spiega Chiara Atzori, sesso e genere avevano lo stesso significato. «Ma oggi – dice – il genere è inteso come la percezione del sé: io scelgo se sono maschio o femmina a seconda delle mie pulsazioni». Ecco allora che chi non è d’accordo con questa nuova definizione, viene additato come omofobo. «Tutti coloro che la pensano in modo diverso dalla gendercrazia – continua Chiara Atzori – sono considerati persone da rieducare, che non rispettano la libertà altrui o retrograde. Noi vogliamo fare capire che la nostra posizione non fa altro che rispettare quello che ha stabilito la natura, ovvero l’unione tra uomo e donna. Perfino in vitro la razionalità dell’uomo si manifesta tra maschio e femmina: è impossibile andare contro ciò che è biologicamente incontrovertibile». «I sostenitori del gender – conclude Luca Volontè, presidente Fondazione Novae Terrae – non vogliono fare altro che ricostruire da zero la società apportando dei radicali cambiamenti culturali, come avviene in tutti i totalitarismi. Ma non si può trovare un fondamento sociale a ciò che non lo ha nemmeno nella natura». Enrica Corselli

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