Il Papa buono che parlava al cuore. «Ricordo l’uomo prima del pontefice»

Il Papa buono che parlava al cuore. «Ricordo l’uomo prima del pontefice»

Il racconto della pronipote comasca di Giovanni XXIII Ci sono storie di vita, intrecci e avventure che non si riescono nemmeno a immaginare. Eppure, la maggior parte delle volte sono proprio lì, appena fuori la porta di casa, che non aspettano altro se non essere raccontate. È così che Cesira D’Ottavio, pronipote di Giovanni XXIII – il “Papa buono” che domani, con Giovanni Paolo II, sarà canonizzato nella Basilica di San Pietro – ci fa attraversare i suoi ricordi. «Non ho avuto la stessa fortuna di mia cugina – afferma Cesira D’Ottavio – quando mi sono sposata, nel 1965, Giovanni XXIII era morto da 2 anni e quindi non abbiamo potuto avere la sua benedizione. Prima di partire per il viaggio di nozze, però, mio marito e io siamo andati per 4 giorni a Sotto il Monte per rendergli omaggio. Volevamo sentirlo vicino e anche se non lo abbiamo mai conosciuto, la sua presenza in famiglia è sempre stata forte. Ha sempre avuto grande influenza su di noi, tutti lo abbiamo considerato una guida». La signora Cesira è nata a vive a Como. Il nonno di sua mamma, Carolina Roncalli, era primo cugino del nonno di Angelo. Il prete della provincia di Bergamo che il 28 ottobre 1958 fu eletto Papa. «Rimpiango ancora di non essermi potuta sposare davanti a lui – racconta – ma ero troppo giovane. Ricordo come se fosse ieri quel giugno del 1963, quando mia mamma fu avvisata della morte di Giovanni XXIII. Lei, con altri parenti, corse subito a Roma in treno per porgergli l’ultimo saluto. È un momento ancora molto vivido nella mia testa». Una vita colmata dai ritmi dei figli e dei nipoti, ai quali bisogna dare una mano, quella di Cesira D’Ottavio. La quale però non dimentica l’importanza dello zio che, da San Pietro, ha sempre vegliato su di loro. «Sono tornata a Sotto il Monte proprio poco tempo fa – continua – La presenza di Papa Giovanni XXIII è sempre forte, come se fosse ancora lì. Con tutti i fedeli e i ragazzi. È impressionante vedere quanto le persone gli volessero e gli vogliano ancora bene». E lei, Cesira, che cosa ricorda del Papa? «Rammento l’uomo prima del pontefice – dice – Era una persona umana, di quelle che s’incontrano raramente. Ha avuto poco tempo a disposizione, ma ha fatto molto per tutti. Ricordo il suo modo semplice e chiaro di parlare alla gente, il suo essere umile e disponibile prima che capo della Chiesa. Era uno di noi». Insomma, questa canonizzazione, per dirla con parole del popolo, se l’è proprio meritata. «Penso a tutte le volte che mia madre Carolina mi parlava di lui – racconta Cesira D’Ottavio – diceva che lo zio Papa non faceva altro che ribadire quanto l’educazione fosse importante, quanto dovessimo mostrare rispetto nei confronti del prossimo, quanto avesse valore la compassione per tutte le persone in difficoltà. So che mia mamma mi ha cresciuta con il suo spirito. Tutto quello che ho imparato lo devo alla sua influenza, alle parole di un uomo che sapeva ascoltare e che ancora di più sapeva come parlare al cuore». Una persona che le ha trasmesso molto, nonostante non fosse presente fisicamente. «È sempre stato con noi – racconta – con tutta la sua famiglia. Non ci ha mai dimenticati. È sempre stato legato alle sue origini. A volte, quando sento Papa Francesco mi viene in mente Giovanni XXIII che insisteva sull’uso delle parole “grazie” e “scusa”. Bastava poco per essere umani, diceva. Penso spesso al discorso sulla Luna, quando disse: “Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera. Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo”? Sono sicura che domani sarà la stessa cosa. Si proveranno identiche emozioni, sensazioni. Anche se lui non sarà presente, domenica sarà uno spettacolo unico e tutti lo osserveranno». E lei, Cesira, ci sarà? «No, non potrò esserci. Ma so che lui ci sentirà vicini com’è sempre stato». Enrica Corselli