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Rifugi di guerra

Tesori nascosti. Un libro fresco di stampa invita alla scoperta dei nascondigli antiaerei e antigas realizzati in città durante i due conflitti mondiali Quella Como segreta che è sotto i nostri piedi Un passato che non passa: testimonianze di un periodo in cui si visse giorno e notte nel timore di una strage. Un museo silenzioso, in gran parte inedito, con strutture di pertinenza sia privata che pubblica, che documenta l’impatto nella vita quotidiana di due guerre mondiali sul Lario. Quando la guerra era una minaccia dall’alto in forma di solide bombe d’aereo, ma anche nell’aria, con il rischio di gas letali. Un tesoro letteralmente nascosto, da valorizzare per il turismo culturale come avviene in altre città d’Europa. Che Como e i comaschi hanno sotto i loro piedi da un secolo. Invita a scoprirlo un volume fresco di stampa frutto di quattro anni di ricerche storiche negli archivi (tra cui quello del Comune di Como), che proseguono tuttora. Lo firmano l’architetto Maria Antonietta Breda del Politecnico di Milano e Gianluca Padovan, presidente dell’Associazione Speleologia Cavità Artificiali di Milano. i due hanno da tempo in corso analisi storiche sui rifugi di Milano, Monza, Brescia, Bergamo e anche in Toscana e nel Lazio. Il loro libro si intitola Como 1915 – 1945. Protezione dei civili e rifugi antiaerei (Milano, Lo Scarabeo Editrice, pp. 120, 24 euro) e ha un fitto apparato iconografico d’epoca, dal 1866 al 1945. Al termine della Seconda guerra mondiale, Como uscì indenne, anche se fonti attendibili avevano dato per certo un pesante bombardamento aereo. Così, a differenza di Milano che pure pullulava di rifugi ed è stata distrutta per un terzo dalle fortezze volanti, la rete di cunicoli si è conservata. La situazione di Como era particolare, difatti molti dei suoi rifugi si sono dovuti costruire nei piani terreni degli edifici e solo dopo il 1942 anche in gallerie sotterranee, puntellate con strutture in legno come le miniere, per contrastare l’energia delle deflagrazioni. Secondo un documento del 15 marzo 1943, a Como erano attivi 26 rifugi pubblici, 8 scolastici, 27 collettivi, 55 industriali, 78 casalinghi “normali” e ben 1.902 rifugi casalinghi classificati come “di circostanza” (la differenza è nella quantità di materiale usato per rinforzare gli ambienti). E dopo l’8 settembre, i tedeschi ne fecero costruire altri. Alcune di queste strutture sono state riutilizzate: il rifugio sotto il Baradello, del 1944, è ad esempio una centrale idraulica di Acsm. Ma secondo gli autori della ricerca l’80% di questi rifugi è tuttora esistente, anche se in larga parte inaccessibile. Una delle strutture più interessanti è il rifugio della Croce Rossa di Como all’incrocio tra le vie Croce Rossa e Italia Libera, uno dei pochi in calcestruzzo e quindi più resistente, di recente restaurato dagli architetti Gianmarco Martorana e Marco Castiglioni. La struttura era adibita anche a rifugio contro le aggressioni con “gas di guerra”, tanto che era predisposta per la ventilazione forzata. Un altro rifugio documentato è quello sotto il liceo classico Volta che risale alla Prima guerra mondiale, e interessante è anche il sistema di gallerie lungo le antiche mura a Sud. Il volume dà anche conto del sistema di allarme tramite le sirene per avvisare la popolazione durante la Seconda guerra mondiale, mentre nella prima ci si affidò a cannoni antigrandine e a pezzi di artiglieria sul colle del Baradello: sistemi di cui per fortuna Como non testò mai l’efficacia. Lorenzo Morandotti

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