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L’uragano Jovanotti sul Lario

Fan scatenati dal giudice di pace Una mattina con il popolare cantante, chiamato a testimoniare a Como nel processo al suo batterista L’uragano Jovanotti si è abbattuto ieri su Como. Un uragano fatto di cortesia e disponibilità verso fan e non solo, merce rara al giorno d’oggi, soprattutto se mostrata da un personaggio che Vip lo è veramente, con milioni di dischi venduti in tutto il mondo. L’appuntamento era con il giudice di pace, quello stesso magistrato che solo una settimana fa l’aveva condannato al pagamento di 500 euro per non essersi presentato in udienza a testimoniare nel processo che vede come imputato il batterista, Gareth Brown, che nel concerto del Sinigaglia del 7 luglio 2008 lanciò dal palco una bacchetta che – secondo l’accusa – colpì in un occhio una fan. E per raccontare la mattinata di ieri, tra dipendenti scatenate e avvocati in cerca di una foto o di un autografo (a cui Lorenzo Cherubini da Cortona, Arezzo, ha risposto sempre con un sorriso) partiamo proprio dalla fine, ovvero dalle ultime parole di Jovanotti al giudice di Como Antonio Santucci quando ormai la deposizione era finita: «Sono un cittadino devoto al diritto e voglio scusarmi con tutti voi per la mia assenza della scorsa udienza – ha detto rivolto al giudice – Non è stata una mancanza di rispetto, ma ero appena rientrato dagli Usa e la convocazione era per il giorno dopo. Ho chiesto all’avvocato cosa fare e mi ha detto di scrivere una lettera. Cosa che ho fatto». «Ho sbagliato? Vorrà dire che farò pagare la multa al mio legale», ha poi scherzato Jovanotti prima di lasciare l’aula per ricevere l’abbraccio dei fan che nel frattempo avevano diffuso la voce della sua presenza in città. «Quante foto – ha detto ancora Lorenzo – Nemmeno a Sanremo me ne hanno fatte tante. Ma non sono io l’imputato». Al cantante, all’uscita dal palazzo, alcune dipendenti di un ufficio dell’ultimo piano hanno mostrato uno striscione: «Ti prego sali». E Jovanotti, divertito, si è fermato a scambiare due battute spiegando che non poteva accontentarle perché aveva già un altro appuntamento a Bologna. Poi, tra code di foto e autografi, il via verso l’autostrada. Il musicista toscano era giunto in città poco dopo le 9, molto prima dell’inizio dell’udienza. E, mentre attendeva il suo turno, non si era sottratto alle domande: «È la prima volta che mi capita una cosa del genere. Non sono mai stato imputato in un processo, e nemmeno testimone. Ieri sera sono anche andato su Internet a cercare precedenti a una vicenda simile, volevo sapere se c’erano stati altri spettatori feriti dal lancio di una bacchetta, ma non ho trovato nulla. Ho visto anche una recente esibizione dei Rolling Stones dove venivano lanciate bacchette dal batterista, cosa che del resto avviene in molti concerti. Ma per non sbagliare, da quella volta a Como, ho dato mandato a chi suona con me di non lanciare più nulla. Anche se c’è Saturnino (il bassista di Lorenzo, ndr) che ogni volta lancia centinaia di plettri». «Sono partito da Cortona mercoledì sera, poi mi sono fermato a Milano e questa mattina sono arrivato a Como – ha proseguito il cantante – L’assolo del concerto del Sinigaglia era il cuore di quello spettacolo perché c’erano due batteristi, una cosa che non capita spesso. Però in quel momento io non vidi chi lanciò la bacchetta, ero di spalle. Quell’assolo era anche l’occasione per me per fiatare un po’. Gareth Brown lo conosco bene, ho suonato con lui anche questa estate. È una brava persona». «Cosa ricordo di quella sera? Un gran bel concerto, e faceva anche un gran freddo. Spero di tornare a Como a suonare». Poi arrivano la chiamata del giudice e le domande degli avvocati della parte lesa (Davide Giudici e Simone Gilardi) e del batterista. Testimonianza durata un quarto d’ora. Il processo è stato rinviato a marzo. «Buone feste e buon Natale a tutti», sono poi state le ultime parole di Lorenzo Cherubini prima di salutare il Lario, quasi strappato dal proprio staff all’affetto dei fan travolti da un inatteso uragano dicembrino. Mauro Peverelli

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