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Virgilio Vairo

L’AUTORE Virgilio Vairo, erede dell’Astrattismo Virgilio Vairo (nella foto, click per ingrandire) è nato a Manfredonia nel 1937. Sin da bambino ha mostrato una forte predisposizione per il disegno. Autodidatta in campo artistico, dopo il diploma ha vinto un concorso nella pubblica amministrazione, ed è arrivato a Como nel 1961. Entrato ben presto in contatto con l’ambiente pittorico milanese, ha condiviso le esperienze di alcuni maestri tra cui Walter Lazzari, frequentando nel frattempo i capofila dell’Astrattismo lariano – Mario Radice, Manlio Rho, Aldo Galli e Carla Badiali – da cui ha acquisito la consapevolezza della geometria, fondamentale per «tradurre i soggetti in sentimenti». L’estate scorsa, a Villa Carlotta di Tremezzo, ha proposto con successo di pubblico un’ampia retrospettiva dei suoi lavori dal 1974 al 2013. Vive e lavora a Casnate con Bernate. L’OPERA Geometrie che si riflettono nelle acque Lorenzo Morandotti MI suoi oli e le sue sabbie su tela, tavola e carta, dopo una lunga sedimentazione, nascono su un cavalletto che fu del pittore Mario Radice. Virgilio Vairo ha “attraversato” l’Astrattismo lariano, di cui Radice è stato tra i massimi esponenti, interiorizzando fin nel proprio Dna visivo quel linguaggio rarefatto e geometrico d’interpretazione delle forme. Ma lo ha fatto senza mai abbandonare la matrice figurativa degli esordi. Vairo trae spunto dalle auree lezioni di Matisse e Kandinsky per rivivere l’emozione della memoria nelle sue opere – forse sarebbe più opportuno definirle “luoghi dell’anima” – con tre strumenti principali: la struttura, la luce e il colore. Che lavorano insieme in una poetica sintesi di realismo e astrazione. Secondo tali coordinate, il mondo pittorico di Vairo ha affrontato da tempo un recupero intensamente “proustiano” del tema degli antichi “trabucchi”, case di pescatori caratteristiche del litorale adriatico dall’Abruzzo al Gargano, tanto amate dal poeta Gabriele D’Annunzio. Che le definiva «strane macchine da pesca tutte composte da tavole e travi simili a ragni colossali». Sono rappresentate sulla tela di Vairo nel loro naturale decadimento, in composizioni pittoriche “abitate” da tramonti infuocati e dall’evanescenza di albe delicate della terra del Sud: una “scoperta metafisica” delle origini in cui il dato di realtà sceglie di tradursi in mito. E ora – con il medesimo sguardo che non tradisce il reale ma lo sublima sulla tela per evidenziarne l’anima con delicata eleganza – Vairo si misura con la memoria iconografica del paesaggio lariano. È una nuova serie di “variazioni sul tema”, in cui spiccano scorci dell’orrido di Nesso e di Villa Balbianello sulla punta di Lavedo a Lenno (nella foto a fianco un olio del 2013). Opere in cui i cromatismi si integrano perfettamente con la dimensione “spirituale” della geometria. GALLERIA (clicca su una immagine per visitare la Galleria)

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