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Tre piazze (quasi) senza speranza

La Como che non piace Gobetti, Martinelli e Vittoria: inutili anni di denunce I tre salotti buoni sono ormai proprietà di vandali e incuria (e.c.) Nell’osservare le fotografie scattate soltanto ieri in tre piazze centralissime di Como (Gobetti, Martinelli e Vittoria) la reazione più logica è una soltanto: considerarle ormai di proprietà di vandali, imbrattatori e – più in generale – di un’incuria inestirpabile. Difficile, d’altronde, poter conservare lampi di ottimismo per questi luoghi della città per il cui degrado le denunce, gli articoli di giornale e le polemiche politiche che si sono susseguite nel corso degli anni non hanno prodotto alcun risultato. I tre casi in questione hanno ognuno la propria peculiarità. Piazza Gobetti, per esempio, è probabilmente il simbolo di un luogo centralissimo di fatto ormai espropriato al godimento dei residenti. E questo, a dispetto della posizione della piazza, incastonata tra i palazzi e a due passi dai frequentatissimi Portici Plinio. Eppure, le denunce per lo stato di degrado del luogo – proprio o “inflitto” – negli ultimi anni non si contano. Ieri, qualche “coraggioso” si è comunque spinto fino alle panchine a semicerchio che “ornano” la piazza. Ma è un caso raro, e comunque il contesto intorno regalava una sensazione piuttosto spettrale. Colpa di molti fattori concomitanti. Il primo, senza dubbio, è la “corona” di graffiti che orna le pareti di alcuni edifici attorno alla piazza. Scritte nere, verdi fluorescenti, rosse, capaci – anche da sole – di intristire l’aspetto complessivo dell’area. E questo, nonostante da mesi, ormai, un gruppo di volenterosi cittadini armati di spugne e spazzole si cimenti nella pulizia di molte scritte vergate a suon di bombolette sulla fontana che domina al centro della piazza. Gesto nobile, quello della squadra di cittadini anti-graffiti. Poco – ma sarebbe meglio dire per nulla – ripagato dall’aspetto complessivo dell’opera in marmo e cemento. La pozza d’acqua stagnante all’interno, infatti, almeno ieri non era alimentata dai beccucci in metallo arrugginiti (quando non del tutto mancanti) che avrebbero dovuto zampillare giorno e notte. Qualche palma e alcune fioriere verdi, ma senza fiori, riescono a dare un tocco più malinconico che esotico al complesso. Non dista molto, un altro teorico angolo di paradiso della città murata: piazza Martinelli. In questo caso, a colpire è la celerità con cui il degrado (o i vandalismi, se si preferisce) hanno fagocitato lo spazio pubblico. Un breve estratto dell’articolo pubblicato il giorno seguente l’inaugurazione, il 30 marzo 2005, è eloquente: «Oggi alle 15, il cancello viene aperto e dopo anni di degrado viene inaugurata la nuova piazza dedicata al senatore, ministro e parlamentare europeo Mario Martinelli». Quel “dopo anni di degrado”, riletto ora, suscita un sorriso amaro. Già dopo pochi mesi dal taglio del nastro, infatti, si segnalarono i primi cenni di declino, tra scarsa cura, imbrattamenti assortiti e guasti più o meno frequenti alla fontana incastrata nella pavimentazione. Ebbene, le istantanee scattate ieri dicono che il quadro non è cambiato in meglio. Anzi. Le scritte sui muri, pur se cancellate a ripetizione, imbruttiscono numerosi angoli della piazza. Bottiglie di vetro e biciclette rotte e abbandonate ornano in maniera più che discutibile l’area, molto simile, peraltro, a una spianata senza un perché. Ovviamente, invivibile con il caldo estivo, anche perché la fontanella ornamentale in funzione all’origine ora risulta spenta e abbandonata. Terzo caso, almeno per valore simbolico, è quello di piazza Vittoria. Più che per un macroscopico degrado, questo spazio spicca per sciatteria. L’aiuola su cui si erge Garibaldi, è un praticello senza fiori e senz’anima. In compenso, una vegetazione spontanea e tutt’altro che indimenticabile spunta rigogliosa dove non dovrebbe, ossia intorno ai cordoli di pietra dell’area. Le panchine al limitare con via Milano, assolutamente necessarie per chi attende uno dei tanti autobus in transito da quelle parti, sono rigorosamente senza copertura e imbrattate dappertutto. Il contesto tutto intorno, tra esercizi commerciali chiusi e altre pareti scambiate per improvvisate tavolozze dal writer di turno, contribuisce a “sprecare” uno dei crocevia potenzialmente più suggestivi della città. Tre esempi diversi, tre piazze – più o meno grandi, più o meno cariche di storica – che tra ambizioni forse eccessive e gusto del vandalismo, languono nel cuore di una città che, ormai, non riesce a goderne. Ma si limita a sopportarle in silenzio.

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