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I bambini tra le muffe e i calcinacci. Quando lo sport affoga nella vergogna

Il palasport nel degrado Il palazzetto di Muggiò umilia con le sue indecenze la gioia dei giovani atleti Non ci si abitua mai. Nonostante i tanti reportage, le visite ripetute, le fotografie in abbondanza, non ci si abitua mai. Lo squallore infinito del palazzetto dello sport di Muggiò, una struttura che riesce a dare una forma concreta alla parola “degrado”, colpisce ogni volta come un pugno nello stomaco. Sempre più forte, sempre meno sostenibile. È accaduto anche questa volta, per un caso fortuito e non legato direttamente a una “missione” di lavoro. In quel cubo di lamiere infuocate e fatiscenti, infatti, si svolge – grazie al mirabile impegno di alcuni giovani allenatori – uno dei tanti campi estivi organizzati a Como. Per una quindicina di giorni, con lo sport, tanti scolari possono dimenticare le fatiche di un anno tra i banchi di scuola tirando a canestro o scoprendo la scherma. La parte buona dell’esperienza, però, finisce qui. O, paradossalmente, inizia qui. Perché è il “prima” che dovrebbe bussare alla coscienza civile di una comunità intera. Quel “prima” è il momento in cui mamme e papà accompagnano dentro al mostro di latta i rispettivi figli. È il momento in cui, soprattutto chi mette piede nella struttura per la prima volta, non riesce a credere ai propri occhi. Le fotografie a corredo dell’articolo potrebbero abbondantemente bastare a descrivere ciò che gli sguardi incontrano. Poi, certo, si può anche dedicare ancora una volta qualche riga ai cumuli di calcinacci e rifiuti di ogni genere che, qua e là, punteggiano l’esterno della struttura. Così come si può evidenziare che esistono punti dove la pavimentazione sembra essere stata bombardata, che interi locali (per quanto appartati) sono ormai diventati discariche per ogni genere di materiale, che i secchielli per raccogliere l’acqua piovana che filtra dal tetto sono più numerosi dei listelli di parquet, che lo stesso parquet è scrostato in più punti, che alcuni bagni sono un’offesa al concetto stesso di decoro, che dalle pareti spuntano “fiori” di muffa e intonaco, e così via. Tutto sommato, però, si tratta di un esercizio sostanzialmente inutile. Perché il consiglio vero che si può dare a chiunque amministri, abbia amministrato o amministrerà questa città (il palazzetto è comunale, ndr) è recarsi a Muggiò una mattina di queste. Se possibile, accompagnando un figlio o un nipotino. Non per giocare negli spazi verdi intorno al cubo imbrattato: sarebbe penoso, tra sassi ed erbacce. Piuttosto, per provare direttamente sulla propria pelle la sensazione che molti nonni e genitori avvertono quando affrontano quell’ingresso indecente. Una sensazione di rifiuto, imbarazzo e vergogna per tanta impunìta offesa al diritto allo sport e alla salute dei bambini (che – beati loro – rideranno comunque prima di rincorrere un pallone). Da qui, una sola domanda: può una città civile permettere ancora a lungo una simile indecenza? Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. Emanuele Caso

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