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Padre di otto figli: «Il problema è arrivare a tutti con affetto»

La famiglia extralarge di Cosimo Prete, geriatra e medico della Croce Rossa Internazionale Papà di otto figli più uno in affido e medico geriatra, ma non solo: Cosimo “Mimmo” Prete, cinquantatré anni, è volontario della Croce Rossa Internazionale. Dal terremoto in Irpinia in poi, sono tante le missioni alle quali ha partecipato. Tra queste, diverse all’estero, per emergenze dovute a guerre o a catastrofi naturali, in Kosovo, Sri Lanka, Togo, Irak, Afghanistan. È la persona giusta per ragionare di paternità e di famiglia in vista della data che riserva oggi il calendario: la festa del papà. Lo facciamo nello studio medico attiguo alla casa dove abita con la sua “tribù”, a Tavernerio. Inevitabile che l’inizio della nostra chiacchierata tocchi il tema dell’impegno con la Croce Rossa. «Non ho mai detto di no – spiega – È un discorso di coscienza e di responsabilità. Durante la guerra del Kosovo i miei figli più grandi mi incoraggiarono: “Se vai da qualche parte a curare i bambini – mi dissero – è più importante rispetto al fatto che tu resti con noi”». E, spesso, le missioni all’estero hanno connotati di estrema pericolosità. Il medico comasco è stato tra gli ultimi a vedere vivo il giornalista freelance Enzo Baldoni, ucciso da un’organizzazione fondamentalista musulmana in Irak. Assieme avevano affrontato un rocambolesco viaggio nella città di Najaf; durante il viaggio di ritorno Baldoni fu catturato. I figli di Cosimo e di Angela, ex infermiera e ora mamma a tempo pieno, sono cinque femmine e tre maschi e hanno adesso età comprese tra gli otto e i ventitré anni. Prete fa il geriatra all’ospedale di Cantù: «Quando si trattò di scegliere la specializzazione – ricorda – pensai che non era tempo di fare il ginecologo, come mi veniva suggerito in famiglia, ma appunto il medico che cura gli anziani, visto l’andamento della nostra società». Immagino che sia una scelta, quella di essere papà di tanti figli. «Non mi sono mai pentito di aver fatto tutti questi figli. Ci sono e non riesco a immaginare che avrebbero potuto non esserci. Chissà, se il primo non avesse dormito di notte, o se mia moglie avesse avuto problemi in gravidanza, magari ci saremmo fermati… Ma non ci siamo mai chiusi a questa opportunità. I figli li portano in grembo le mamme, il mio unico ruolo è stato quello di cercare di trovare i soldi per crescerli?». Com’è la vita familiare così in tanti? «È una vita molto piena, che richiede dinamismo e intensità. Di sera, alle nove, iniziano le procedure per metterli a letto… E poi serve tanta organizzazione, occorre essere sempre pronti a tutte le evenienze, cambiare le scarpe perché cambia la stagione; tenere nel ripostiglio qualche chilo di pasta in più? Abbiamo una sala giochi di settanta metri quadrati, con calcetto e ping-pong. È come un oratorio. Abbiamo tre linee telefoniche, cinque postazioni per computer, due fax e io non sono un dirigente d’azienda, ma soltanto un capofamiglia». Quali problemi comporta avere una famiglia numerosa? «Tutti sono impressionati dal problema economico, ma questo è riduttivo. La vita di una famiglia numerosa non è semplicemente sacrificio per inventarsi qualcosa e arrivare a fine mese. Certo, i miei figli ricevono un’educazione nella quale non è concepito lo spreco, ma questo è un valore. L’attenzione e la razionalizzazione di tante cose ci permettono di soddisfare le nostre esigenze. La vera difficoltà, però, è un’altra. Per me, è quella di un padre che dovrebbe essere pienamente disponibile quando ogni figlio ne ha bisogno. Queste sono le angosce vere: non arrivare dappertutto con l’affetto. Faccio un esempio banale: i miei figli sono tutti sportivi. Ebbene, se vai a vedere la partita di uno di loro, non puoi vedere quella di un altro». Lei fa parte dell’associazione delle Famiglie Numerose. Cosa chiedete allo Stato? «Viviamo in una società che non agevola affatto la vita familiare e chi ha una famiglia extralarge è messo ancora peggio. Chi lavora deve contribuire pesantemente con le tasse, ma corrispettivamente, dal punto di vista fiscale, non c’è la capacità di valutare correttamente il peso di una famiglia così. A livello associativo abbiamo anche fatto una campagna intitolata “Cambiamo cittadinanza”, pensando alla Francia e indicando le agevolazioni più adeguate che quel Paese garantisce per la crescita dei figli. Da noi, invece, per fare un esempio, non sono previsti nemmeno sconti per gli abbonamenti del trasporto pubblico». La vostra rete di famiglie numerose come funziona in concreto? «L’associazione è nata una decina di anni fa e si è conquistata un certo peso a livello nazionale. Ha finalità estremamente pratiche e non può essere diversamente. Penso alle circolari che ci informano sulle possibili agevolazioni; ai gruppi di acquisto familiare; alle convenzioni per risparmiare quando si comperano determinati prodotti come i pannolini per i bambini. Il costo della quota sociale è di 20 euro. E il bello è che si può pagare oppure no, o farlo a rate e si rimane soci lo stesso». Lei è papà di tanti bambini e di mestiere fa il geriatra. Sono gli estremi che si toccano? «Questa è la mia salvezza. Quando non ce la faccio più, vado a sentire i problemi degli anziani e, viceversa, quando non reggo più i miei pazienti, corro a casa a giocare con i miei figli». Marco Guggiari

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