Venerdì 18 Gennaio 2013 Ciclismo – Delusione tra le persone che hanno conosciuto il corridore, che ha confessato di aver barato per conquistare i suoi successi Il ciclista americano ha vissuto in città per tre anni all’inizio della sua carriera «Ho una maglia gialla del Tour de France autografata. L’ho sempre tenuta nella mia bottega. Ma ora è meglio che la tolga. Non me la sento di lasciarla in esposizione». Sono parole amare, molto amare, quelle di Roberto Rigamonti, fornaio e pasticciere, che commenta il tema del giorno nel mondo dello sport, la confessione di Lance Armstrong, che ha ammesso di essersi dopato nelle sua carriera di ciclista, in cui ha vinto sette Tour de France, successi che sono stati annullati. Como nella carriera di Lance Armstrong è stata un importante punto di riferimento. Si parla di 20 anni fa e magari in molti non lo possono sapere o ricordare. Agli inizi della sua carriera tra il 1992 e il 1995, il corridore americano visse nella nostra città. Proprio in quel periodo conquistò il titolo di campione mondiale, con una bella festa organizzata proprio da Roberto Rigamonti, nel suo locale. Armstrong viveva in via Magenta e, dopo aver lasciato il Lario, è tornato spesso, in una città che ha continuato ad amare. Con discrezione è andato anche a visitare la tomba di Fabio Casartelli ad Albese con Cassano.I due, infatti, erano compagni di squadra nella formazione della Motorola nel Tour del 1995, quando lo sfortunato corridore albesino perse la vita. E in questi anni Armstrong ha tenuto i contatti con i familiari e nel 2009, quando il Giro d’Italia passò da Forlì, l’americano incontrò la moglie di Fabio, Annalisa, e il figlio Marco, che risiedono nella città romagnola. «Per noi Lance è un amico di famiglia – disse in quella occasione Annalisa Casartelli – Siamo rimasti in contatto in questi anni e ci siamo visti in qualche occasione. Per mio figlio Marco è abbastanza normale incontrarlo; ora lo ha contattato perché doveva fare una tesina scolastica sul Texas, lo Stato di Armstrong. Lo ha potuto intervistare ed è stato anche un privilegiato, visto che in questi giorni Lance è in silenzio stampa». Come detto, l’Armstrong lariano stava nella zona delle caserme, in via Magenta, ed era solito allenarsi sui percorsi del nostro territorio. Amava il giro del Lago e quando voleva mettersi alla prova nelle salite andava sul Triangolo Lariano, a Sormano e al Ghisallo, il colle di riferimento per i ciclisti. Lo statunitense ha parlato nel suo libro “It’s not about the bike”, pubblicato nel 2000, dell’esperienza sul Lario. «Affittai un appartamento sul Lago di Como – ha scritto – e fui affascinato da quella città nebbiosa e un po’ polverosa vicina alle Alpi. Lì ho imparato a riconoscere i cibi e i vini migliori». Armstrong ha poi aggiunto di essere tornato dalle nostre parti: «Uno dei miei posti preferiti. Con mia moglie mi piaceva dormire, passeggiare e andare ad eleganti cene». Quando Lance viveva qui non mancava mai un passaggio nel locale di Rigamonti. «Avevamo un bel rapporto – dice il comasco – con me è sempre stato gentile. Logico che ora sia amareggiato nel vedere quello che sta succedendo. Io, se devo essere sincero, al suo ritorno alle corse dopo aver sconfitto il cancro, non ero completamente convinto del fatto che fosse tutto a posto. E non capivo perché impostava la programmazione esclusivamente sul Tour de France». «Ho sempre pensato che però – in quella fase – un po’ a tutti poteva andare bene un Armstrong forte, un americano protagonista in uno sport che è sempre più legato al business. E adesso che si è ritirato è saltato fuori tutto». Roberto Rigamonti in questi giorni ha riflettuto molto sulla vicenda di Armstrong e sulla sua ammissione di essersi dopato. «Mi spiace davvero e dico la verità. Mio nipote vorrebbe correre, ama la bicicletta, ma non me la sento di spingerlo a fare ciclismo. Perché a questo punto si può sempre pensare che chi vince oggi, chi piace alle gente, magari fra 10 anni ammetterà di essersi dopato. Sono molto deluso». Massimo Moscardi
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