Dibattiti – Il suo biografo: «Ha conciliato la letteratura come puro godimento dell’intelligenza e l’impegno civile» Una figura che manca al dibattito culturale italiano e che non è stata valutato dalla critica nel modo in cui merita. Una figura ricordata più per le provocazioni che per i grandi temi che evoca la sua scrittura. È Leonardo Sciascia, che sulla scorta di una pubblicazione della benemerita editrice fiorentina Olschki, Troppo poco pazzi. Leonardo Sciascia nella libera e laica Svizzera (pp. 168, 22 euro), a cura di Renato Martinoni, potremmo definire «svizzero onorario». Tante furono infatti le occasioni di incontro e di dibattito tra Sciascia e la vicina confederazione rossocrociata. È infatti importante per lui – scrive Martinoni – «avere un piede nella “libera e laica Svizzera”, come confessa non senza ammirazione e un filo subliminale di invidia a un amico elvetico. Viverci da ospite, andarvi a parlare, alla gente o alla radio, o alla televisione, scrivere sui suoi giornali, provinciali certo ma liberi e indipendenti, dialogare con i suoi cittadini, leggere alcuni suoi autori (…) è come entrare di diritto in una esperienza umana e intellettuale nuova e diversa». Il libro di Olschki documenta con filologica completezza l’intero arco della presenza di Sciascia in terra elvetica: programmi radio e tv, articoli sui giornali sia di destra che di sinistra. Una scrittura come «atto di coraggio», come sottolinea nel volume Raffaella Castagnola, che manca immensamente alla cultura italiana, come ha sottolineato in un recente elzeviro sul “Corriere della Sera” il biografo e amico di Sciascia, Matteo Collura: «Sciascia – ha scritto – ha poco a che vedere con la letteratura italiana dei suoi anni; è scrittore anomalo, “corsaro” lo si potrebbe dire, alla maniera di Pasolini». Proprio la «difficoltà nel trovargli un posto nelle scansie critiche» secondo Collura dimostra che Sciascia, di cui ora tornano in libreria le “Opere” a cura di Adelphi, fu «autore anomalo». E, aggiunge al telefono, «lo è sempre più a ormai 24 anni dalla morte. Oggi purtroppo lo si ricorda più come polemista, ad esempio riferendosi al suo celebre articolo sui “professionisti dell’antimafia” o a testi come L’affaire Moro, ma si dimentica che è stato, cosa piuttosto rara se non unica in Italia, capace di conciliare l’esercizio della letteratura come puro godimento dell’intelligenza (e in questo fu geniale cultore di maestri quali Borges, Savinio, Stendhal) e l’impegno civile, contesto in cui usava la scrittura come una sciabola, un fioretto. Per questo lo considero più affine alla letteratura francese che all’italiana. Ed erede come ho scritto sul “Corriere” della grande stagione dell’Illuminismo e dell’impegno civile: di Voltaire, Zola, Courier». Per Collura, inoltre, Sciascia era un intellettuale «temuto» perché «non era controllabile né classificabile. Ed è sbagliato immaginarsi cosa direbbe dell’Italia di oggi, dato che sono mutate talmente tante cose rispetto alla sua epoca. Quel che è certo è che Sciascia è stato una “protesi” mentale cui ognuno ha fatto ricorso per dire le cose come stanno senza prendersene la responsabilità. Ed è ancora così oggi: in questo Paese c’è una gran voglia di delegare, non si ha il coraggio delle proprie opinioni. Il mio appello è alla scuola e all’università: tornate a leggerlo, è uno scrittore che può interessare tutti e può soddisfare ogni palato. Ed è un autentico maestro di vita, come lo fu nella professione: lo testimonia la sua voglia di dire sempre la brutale verità». Collura tornerà a occuparsi di Sciascia, cui ha dedicato la fortunata biografia Il maestro di Regalpetra ora edita da Tea – «Il regista Giuseppe Tornatore avrebbe voluto trarne un film per la Rai in due puntate» – ricorda – nel suo prossimo libro che uscirà a marzo da Longanesi. «Sarà un libro forte, molto polemico, si intitolerà La fabbrica del mito e concluderà di fatto la mia trilogia sulla Sicilia iniziata con il volume In Sicilia, che era un mio personale viaggio alla ricerca dei segni del passato e del presente, e poi proseguita con L’isola senza ponte che è dedicato al tema dell’insularità come destino atavico. Ora mi occupo invece dei miti veri e presunti che circondano la Sicilia e spesso sono alibi per non occuparsi della verità. E in questo senso un maestro di vita e di pensiero come Leonardo Sciascia è ancora una volta un importante punto di riferimento nella letteratura, come lo fu, per lui e per me, la lettura della Storia della colonna infame che Alessandro Manzoni pubblicò nell’edizione cosiddetta “quarantana” dei suo romanzo I Promessi Sposi». Lorenzo Morandotti
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