Malori, rabbia, frustrazione. Viaggio con i pendolari comaschi

Lavoratori e studenti: «Un incubo tra attese e condizioni disumane» Ritardi, soppressioni e viaggi in piedi schiacciati come sardine. Giorni difficili per i pendolari comaschi a causa dei pesanti disagi che si stanno verificando sulle linee ferroviarie di Trenord. I problemi maggiori si sono registrati tra lunedì e martedì, con gente che è riuscita a tornare a casa dal lavoro solo dopo quasi due ore da incubo trascorse nelle stazioni o a bordo dei convogli. Anche ieri, però, i problemi si sono susseguiti. Vita dura quella del pendolare, e la conferma è arrivata testando in prima persona la mattinata tipo di un viaggiatore comasco. Partenza con il treno delle 7.21 da Como Borghi – e per fortuna, visto che quello successivo è stato soppresso – in compagnia di commenti e sensazioni. «Martedì la situazione è stata davvero drammatica – spiega Enrica Corselli – Sono riuscita ad arrivare a destinazione dopo due ore. In questi giorni viaggiamo sempre con l’incognita». Dopo le proteste dei viaggiatori, l’azienda, con una nota ufficiale, hafatto sapere che i disagi sono legati al malfunzionamento del sistema informatizzato che gestisce i turni del personale di Trenord. Ieri, come ben evidenziato dai cartelloni elettronici presenti alla stazione di Milano Cadorna, la conferma che tutti i turni del personale erano stati assegnati, ma i disagi si sono verificati non solo sulla tratta per Como, ma anche per i collegamenti con l’aeroporto di Malpensa. Martedì la giornata peggiore, come conferma anche Piero Tenuta. «A Cadorna c’era un caos terrificante – spiega il pendolare – Nessuno dava informazioni precise e la gente era in attesa di sapere come tornare a casa». Ieri in treno non si parlava d’altro: ritardi e rabbia. «In questi giorni la situazione è peggiorata notevolmente – aggiunge Erica Cascone – ma per tutto il mese di novembre ci sono stati ritardi, soprattutto la sera. Vivo sempre con il timore di non riuscire a rientrare per le 18.30». Non solo lavoratori, ma anche moltissimi studenti si spostano verso Milano per seguire le lezioni universitarie. In questi giorni, però, le corse per prendere in tempo il treno, in particolare al ritorno da Milano, sono state sostituite da lunghe soste ai binari. Corse però interrotte dai tornelli per l’accesso ai binari: valido aiuto per i controllori (ieri nessuno ha verificato i biglietti sia nel viaggio di andata sia su quello di ritorno) ma che, negli orari di punta, formano code sia in ingresso che in uscita della stazione. «Lunedì ci hanno informato che, arrivati a Saronno, non ci sarebbero stati più treni verso Como – aggiunge un’altra studentessa, Alessandra Pontiero – Sono partita da Milano alle 16.10 e sono arrivata a Como alle 19. Ci sono altri fattori da tenere in considerazione, come il fatto che loro creino i disagi ma noi l’abbonamento lo dobbiamo pagare». A far infuriare ulteriormente i viaggiatori, oltre ai ritardi ormai insostenibili, anche il fatto che per la tratta di Como non ci sia la possibilità di avere il rimborso. «Non ci rimborseranno mai, perché il bonus non viene riconosciuto. Tutti i giorni c’è qualche problema – racconta Luisa Robbiani, impiegata – salgo a Rovello Porro con la consapevolezza di farmi il viaggio fino a Cadorna in piedi. Non è solo questione di ritardi, ma anche di come ci fanno viaggiare». I più fortunati sono senza dubbio i pendolari di Como Lago, Borghi e Camerlata, perché da Grandate in poi il rischio è quello di farsi tutto il viaggio verso Milano in piedi. Nessun pericolo di cadere in caso di frenata, se proprio un lato positivo si deve trovare, visto che i viaggiatori sono così tanti da essere praticamente appoggiati uno contro l’altro. La gente si accalca in prossimità delle uscite, ma in molti si dirigono nei corridoi che separano i sedili in cerca di un appoggio. «Io viaggio sempre in piedi – conferma Rita Miccichè – da Saronno in poi, nelle prime ore del mattino, è improbabile trovare un posto per sedersi». I pendolari comaschi lamentano così l’impossibilità per molti di trovare un posto a sedere, ma anche scarsa pulizia. Il costo dei biglietti sale, in particolare l’integrato (quello che consente di viaggiare anche in metropolitana). I viaggiatori sono stanchi, non ne possono più di questa situazione. «Martedì l’apoteosi – dice Davide Orsenigo – Ci hanno avvisato del guasto informatico. Io dovevo rientrare per le 18, ma sono arrivato a casa alle 21. Il problema è che i ritardi ci sono spesso, la mia fortuna è che posso avere un po’ di elasticità sugli orari lavorativi. Più che arrabbiato, sono rassegnato. Non ho nulla contro i dipendenti, ma con chi gestisce il tutto». Rassegnata anche Claudia Romanò. «Martedì sono partita alle 18 e sono arrivata in stazione alle 21.15. I ritardi però si verificano spesso anche al mattino – commenta la comasca che lavora a Milano come segretaria – Spesso mi capita di arrivare in ritardo al lavoro. Personalmente sto pensando di chiedere un rimborso». E come la signora Romanò, in molti ieri stavano valutando di chiedere un risarcimento per i disagi di questi giorni. Anche perché tanti pendolari hanno dovuto richiedere l’aiuto di parenti e amici, accorsi alla stazione di Saronno per evitare di allungare ulteriormente i tempi di attesa. «Siamo stufi, non possono dare tutta la colpa al sistema informatico – dice Luca Francesconi – L’altro giorno ho preso il treno delle 17.49 a Cadorna, ma a Saronno ci hanno informato che ci sarebbe stata una sosta a causa di alcuni problemi e che nessun treno sarebbe ripartito per Como. Alle 20, due persone si sono sentite male e abbiamo dovuto attendere l’arrivo delle ambulanze. Possibile che non si sia pensato a dei trasporti alternativi?». Preoccupato per i prossimi giorni anche uno studente di Ingegneria energetica. «Io ho dovuto prendere la linea di Varese, di solito salgo a Rovellasca – conclude Marco Galliani – Dicono che non dovrebbe più verificarsi il caos dei giorni scorsi, ma non ne sarei così sicuro». Per cercare di trovare risposta ai dubbi del giovane ingegnere, appena arrivati a Cadorna abbiamo chiesto informazioni all’ufficio preposto, ieri molto affollato, ma la risposta non è stata di certo incoraggiante. «Ci dispiace – è stata la risposta – ma possiamo sapere quando un treno partirà, o se sarà soppresso, solo 40 minuti prima». Francesca Guido Nella foto: uno scompartimento pieno su Trenord (Fkd)