L’ultimo negozio di alimentari di Civiglio. «D’estate fuori c’era la coda»

A Civiglio, nell’ultimo negozio di alimentari rimasto aperto Isolina Venturi: «Ormai tutti si fermano al supermercato» Ogni mattina alle 5.30 il signor Gianni, puntuale, alza la saracinesca. Non importa che si tratti dell’ultimo negozio di alimentari rimasto a Civiglio e nel raggio di diversi chilometri. Non interessa neanche il fatto che i clienti – sempre di meno – cominceranno ad arrivare solo alcune ore dopo. Da più di 50 anni il piccolo spaccio, a due passi dalla strettoia dove le auto che si incrociano fanno fatica a passare, è lì con le serrande alzate. E dentro sempre loro, Gianni Luisetti, 84 anni, e sua moglie Isolina Venturi, 81 anni. Sono a Civiglio dal 1937 e dietro il bancone ormai da quasi 60 anni. Una coppia inossidabile che non intende in alcun modo smettere, anzi. «Abbiamo i nostri clienti che vogliamo continuare a servire – racconta Isolina – Inoltre mio marito a casa non saprebbe che cosa fare. Ogni mattina si alza alle 5 e aspetta la consegna del latte. Poi ritira il pane e si mette a lavorare. E quando manca qualcosa, balza in auto e va dal grossista». E infatti lunedì mattina il signor Gianni non c’era. Solo dopo un’oretta, verso le 10, eccolo comparire in auto. Sceso dalla sua Panda, come se nulla fosse, inizia a scaricare delle cassette di legno. Cappellino bianco da salumiere in testa, con il maglione e senza giacca, inizia a fare avanti e indietro dal retrobottega per sistemare la merce. «Abbiamo vissuto tutte le trasformazioni di Civiglio. Oggi le persone preferiscono andare altrove a fare la spesa – dice Isolina mentre Gianni, restio a farsi intervistare, scruta sugli scaffali per vedere che cosa manca – Purtroppo la frazione si è andata progressivamente spopolando e sta diventando un dormitorio. Si parte alla mattina e si rientra tardi». Ogni tanto dalla porta entra un cliente. Pochi i “forestieri”, sono tutte facce amiche. Ci si conosce, in alcuni casi, da oltre 40 anni. I prodotti acquistati sono sempre gli stessi. Isolina e Gianni sanno già che cosa incartare, quanto salame affettare e che tipo di pane mettere nel sacchetto. Sugli scaffali di legno, che occupano una parete intera fino a toccare il soffitto, si può trovare di tutto. Allineati in buon ordine e appoggiati sopra fogli di carta colorata, si riesce a scorgere immediatamente quello di cui si ha bisogno. Sotto, i prezzi scritti a penna su etichette di cartone. Dai cibi in scatola, al latte, al pane fresco. In un angolo anche detersivi e alcuni prodotti per la casa. «Un tempo vendevamo di tutto. Negli anni Sessanta c’erano tantissimi residenti e, in estate, arrivavano i turisti. E fuori dal negozio si formava la coda. Fino a pochi anni fa, inoltre, il pane lo facevamo noi. Avevamo un forno nel retro. Oggi ce lo facciamo portare», ricorda Isolina. I centri commerciali hanno catturato molti clienti. «Ormai tutti hanno una macchina e si fermano in un supermercato per rifornirsi», aggiunge la padrona di casa. Sul bancone una vecchia affettatrice e in un angolo un’antica macchina per macinare il caffè. Ovunque ci si giri sembra che il tempo si sia fermato a più di 40 anni fa. Immutato il fascino e gli odori di una volta. Giusto il tempo di sapere che la coppia ha due figlie ed ecco entrare un’altra cliente che ha lasciato l’auto accesa in mezzo alla strada. Si ferma pochissimo, quanto basta per mettere in un sacchetto il latte e il pane e prendere lo scontrino. Poi, uscendo, pronuncia la frase di rito: «Come state?». E via. Il conto verrà saldato a fine settimana. Qui, infatti, è ancora in vigore il principio del «segna, poi passo a saldare». Dietro il bancone compare infatti una piccola rastrelliera in legno con dentro, allineati in ordine, diversi libricini. La signora Isolina ne estrae uno, dalla copertina gialla, e annota a penna quanto speso dall’ultima cliente. «A fine mese regoliamo tutti i conti. Facciamo così da tempo. E non ci sono mai stati problemi». Ora è il signor Gianni a raccontare un pezzo della sua vita. Ricorda quando, tutti i giorni, andava a piedi in città per comprare ciò di cui c’era bisogno. «Purtroppo anche la crisi ha contribuito a ridurre gli affari – conclude Isolina – Alla fine del mese non sempre i conti tornano e ci capita anche di mangiare alcuni cibi scaduti che ovviamente abbiamo subito tolto dagli scaffali». Prima di lasciare il negozio – con la voglia inarrestabile di farsi fare un panino al salame – il signor Gianni si lascia convincere e posa per una foto assieme alla moglie. «Presto però – sbotta – perché devo lavorare». Fabrizio Barabesi