Martedì 18 Settembre 2012 Guido Grenot abita a Lurate Caccivio: «Ho imparato da mio padre contadino» C’è l’acqua nella vita di Guido Grenot. Era risorsa vitale nella campagna francese, dove ha vissuto i suoi anni d’infanzia. È bene non scontato, oggi, anche nel Comasco, dove da tempo si è trasferito. La storia di quest’uomo, 61enne in pensione, residente a Lurate Caccivio, un passato da operaio tessile in una stamperia di Olgiate Comasco, è a suo modo curiosa e straordinaria. Grenot si definisce rabdomante radioestesista. Ritiene di avere potenzialità delle quali non si vanta e non fa oggetto di lucro. A chi reputa che ciò sia possibile dà collaborazione. Davanti allo scetticismo sorride e non si adombra. Nel corso della nostra chiacchierata mostra gli strumenti della sua attività: la bacchetta a “ipsilon” e il pendolino. Con la prima dice di “sentire” se c’è acqua; con il secondo indica a quale profondità. Nel giardino della casa dove abita dà una dimostrazione facendo mostra della bacchetta che in un determinato punto si impenna. Signor Grenot, quando ha scoperto le sue potenzialità? «Fin da bambino. Mio padre, contadino, era rabdomante nella zona di Mâcon, Borgogna del Sud, sotto Lione in Francia. Il suo era un dono; lui mi ha insegnato e guidato, diffidandomi sempre dal chiedere o accettare denaro. Tutt’al più concedeva che gli si donasse qualche uovo. All’inizio, per me, era un gioco. Poi ho acquisito maggiore consapevolezza». Quale uso fa delle capacità che ritiene di possedere? «Se qualcuno si rivolge a me, rispondo all’appello, purché non si tratti di ciarlatani. Ogni tanto mi interpellano i Comuni, chiedendo che io individui vecchie tubazioni d’acqua in carenza di mappe. Preferiscono questa via rispetto a scavi che possono impegnare per diversi giorni. Io posso sbagliare di mezzo metro…». Può raccontare un’esperienza particolare? «Qualche tempo fa un privato cercava acqua in un terreno di sua proprietà. Due geologi, dopo accurati rilievi, avevano escluso che ci fosse. Io ho fatto un sopralluogo e ho detto: “È qui, a diciotto metri di profondità”. Mi davano del matto. Li ho sfidati e ho detto al proprietario: “Lei fa il pozzo, se l’acqua non c’è pago io tutte le spese. Se c’è, lei paga le spese e anche un’altra trivellazione in favore di chi ne ha bisogno”. Il giorno dello scavo io ero tenuto in disparte dagli esperti, come un reietto. A venti metri di profondità hanno trovato l’acqua». Mi parli di un altro successo. «In Piemonte si sono rivolti a me per realizzare un lago artificiale per la pesca sportiva. Ho trovato i pozzi ed è stato fatto. Vorrei ribadire che io intervengo solo gratuitamente. Ho vinto tante cene con gli amici, questo sì…». E un insuccesso? «In un paese qui vicino c’è acqua a ottanta metri di profondità, ma non dispongono delle macchine per trovarla e renderla fruibile. Per me questa è una sconfitta…». Chi si rivolge a lei? «Per lo più chi ha davvero bisogno. In misura minore chi invece crede di avere a che fare con un fenomeno da circo. Qualcuno vuole anche divertirsi alle mie spalle, ma questo mi lascia indifferente». Al lavoro com’era considerata questa sua sensibilità? «Con rispetto. Anche perché nel lontano 1969, quando l’azienda ha scavato un pozzo, anch’io avevo trovato il punto esatto dove c’era l’acqua. Mi avevano messo alla prova a mia insaputa…». Lei sa che la comunità scientifica bolla la rabdomanzia come inefficace e priva di riscontri? «Questo mi fa sorridere. L’uomo ha perso nel tempo ciò che aveva. Sulla Terra si potrebbero fare tante cose, ma con il progresso ci si adagia…». Marco Guggiari
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