Le terme romane meritano di più

Le terme romane meritano di più

Domenica 26 Agosto 2012 Ricerche – La tesi di una comasca lancia strategie di turismo culturale partendo dall’analisi del sito archeologico di viale Lecco Como vuole essere città turistica a tutto tondo. Ma, in attesa di concretizzare il sogno, ha qualche problema a segnalare e gestire al meglio i monumenti: la cartellonistica è sporadica, se non mancante o addirittura fuorviante. Di recente, all’Università dell’Insubria la studentessa lariana Roberta Macchia ha discusso una tesi in cui si tocca proprio l’argomento, trattando un caso specifico. La sua ricerca si intitola Monumenti che celebrano il trionfo dell’acqua e l’emozione della pietra. Le terme romane a Como: proposte per una più ampia fruizione. Macchia l’ha discussa con la sua docente Nicoletta Ossanna Cavadini mentre co-relatrice è stata la soprintendente ai beni archeologici per la provincia Stefania Jorio, che ha curato gli scavi delle terme di viale Lecco, aperte al pubblico dal gennaio 2011. «Il complesso termale dovrebbe divenire luogo fisso al’interno del palinsesto degli eventi in città», sottolinea Roberta. Che non manca di accennare alle scarse informazioni che giungono ai turisti su questo importante documento di Como antica. In viale Lecco non c’è infatti cartello di sorta che indichi le terme, tranne la stessa facciata dell’autosilo del Valduce che è sorto sopra di loro e ha permesso di valorizzarle con appositi camminamenti. Roberta Macchia suggerisce una prima semplice soluzione: inserire la visita all’area di scavo nel ticket dell’autosilo. Nel suo studio, la neolaureata ricostruisce tutto l’iter che ha portato alla valorizzazione delle antiche terme. E fa tutta una serie di proposte operative che associazioni culturali di diritto privato e anche il Comune potrebbero opportunamente discutere nei loro programmi di gestione.Le terme sono un segno opulento che traccia già una via verso l’eccellenza: «Le informazioni fornite dagli autori antichi e dai documenti epigrafici – scrive Roberta – restituiscono l’immagine di una città ricca di edifici e monumenti, che assumevano una funzione rappresentativa del ruolo che essa ricopriva nel corso dell’età imperiale. La generosità di alcuni facoltosi cittadini permise a Como di disporre di diversi luoghi per la cultura e lo svago, come la biblioteca o appunto le terme». Nella sua tesi, Roberta Macchia ricostruisce non solo le vicende storiche e le radici culturali delle terme e tutti i dettagli del loro recupero nell’ambito della realizzazione ma anche le vicende immobiliari dell’insediamento su cui ora sorge la struttura che fa capo al Valduce. E racconta le rare volte in cui le terme sono state visitabili da vicino e con visite guidate. Una volta anche con una performance dell’artista lariano Alessandro Perini che ha creato installazioni di luci e suoni tra i ruderi lungo le passerelle, a cui potevano accedere 30 spettatori per volta. Ma non basta. «Un’area adibita a museo, senza pubblico, non esiste – è convinta Roberta – Tutti devono poter essere fruitori di prodotti culturali: i cittadini residenti e i turisti, i giovani e gli anziani, le persone colte e benestanti, semplici e umili. Riguardo alle terme, andrebbero rafforzati i rapporti con le scuole attraverso progetti di educazione al patrimonio sui temi di salvaguardia, tutela, conservazione e fruizione» . Inoltre «andrebbero considerate le nuove modalità di fruizione e consumo culturale: tecnologie digitali, tour virtuali e musei simulati. Occorre dotare le terme di strutture di illuminazione per effetti speciali 3D, proiettati su schermi immateriali. E si possono organizzare, per piccoli gruppi, spettacoli di danza e/o musica; realizzare scenografie e rappresentazioni che ricreino atmosfere storiche relative al contesto, coinvolgendo associazioni locali; e dare vita a festival di varia natura e conferenze monotematiche con accesso controllato secondo le norme di sicurezza previste. Questo, a mio parere, è il miglior modo per creare un solido rapporto tra uomo, ambiente e storia». Invece oggi «l’accesso all’area di scavo delle terme è permesso soltanto previa prenotazione tramite la Soprintendenza: un turista, dunque, non può godere appieno della loro bellezza». Come ha detto la stessa Jorio, tra l’altro, lo studio sulle terme è solo all’inizio: «L’apertura al pubblico non rappresenta che il primo, doveroso, risultato di prima presentazione della scoperta e dei risultati preliminari, illustrati anche dall’esposizione, in ambienti ricavati sui margini dell’area archeologica, di una selezionata scelta di reperti. Ma negli anni futuri ci attende un complesso e oneroso lavoro di restauro, soprattutto degli apparati decorativi ritrovati negli strati di crollo dell’edificio: migliaia di frammenti di affreschi il cui restauro e studio permetterà di scrivere la storia artistica anche di questa parte di Lombardia». Lorenzo Morandotti