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Balzelli “vintage”, quando il Comune tassava i pianoforti

Martedì 14 Agosto 2012 In mostra a Palazzo Cernezzi A cavallo tra il XIX e il XX secolo fioccarono imposte su lusso, trasporti individuali e celibato Ci fu un tempo in cui a Como il Comune tassava lo svago e i trasporti, ma anche le classi sociali in modo «politicamente scorretto». Ad esempio sottoponeva a balzelli le fotografie «messe in vendita», i pianoforti (senza distinguerne le funzioni: sia in luoghi pubblici sia in abitazioni private) e i «bigliardi», le macchine per il caffè espresso ma anche i celibi (avvenne lungo tutto lo Stivale, dato che fu un provvedimento del governo fascista). Speriamo che a nessun amministratore locale, data l’attuale penuria di fondi, venga in mente di ispirarsi prima o poi ai manifesti che sono in mostra per tutto il mese di agosto nella bacheca che si trova all’ingresso della Sala Stemmi di Palazzo Cernezzi, sede del Comune di Como. Sì, perché anche da una rapida disamina dei preziosi documenti storici esposti, risalenti tutti ai secoli XIX e XX, pare evidente che la fantasia di chi ha il poco invidiabile compito di legiferare in materia fiscale – e di far rispettare i provvedimenti presi – non conosce freni inibitori di sorta. Erano soprattutto tributi che «colpivano il lusso (come ad esempio l’imposta sui domestici o sulle prime autovetture) e i beni prodotti grazie all’innovazione scientifica e tecnologica. Nascono così, ad esempio, le tasse sulle macchine del caffè espresso, sulle fotografie e sui velocipedi», come sottolinea la nota che accompagna l’esposizione. Cosa succederebbe, se oggi Palazzo Cernezzi si mettesse a tassare gli smartphone? «Alcuni di questi tributi permangono attivi sino quasi ai nostri giorni, eliminati solo dalle riforme fiscali del dopoguerra», prosegue la nota. La pubblicazione dei documenti è stata promossa dal settore Archivio/Protocollo del Comune di Como e avviene nell’ambito della gara promossa per il servizio di riordino e inventariazione informatizzata del fondo Rimoldi, dell’archivio del giudice conciliatore e dell’archivio storico di Palazzo Cernezzi.

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