Scatta la maturità, ecco le istruzioni per l’uso

Scatta la maturità, ecco le istruzioni per l’uso

Martedì 19 Giugno 2012 Il commissario esterno Gilberto Bolliger: «È un rito di passaggio all’età adulta» Notte prima degli esami – canta Venditti – … La matematica non sarà mai il mio mestiere…. Ormai ci siamo. Per gli studenti comaschi dell’ultimo anno delle superiori la prossima sarà la madre di tutte le notti, la vigilia della prima prova di maturità, quella di italiano. Ne parliamo con Gilberto Bolliger, 53 anni, da oltre trenta docente di liceo, titolare della cattedra di Storia e Filosofia allo scientifico “Galilei” di Erba e nominato commissario d’esame al classico “Volta” di Como . Possiamo dare un senso a questa parola: “maturità”? Cosa significa per i ragazzi di oggi? «Si tratta di un vero e proprio rito di passaggio studiato un secolo fa dall’antropologo Arnold Van Gennep e descritto in un libro ripubblicato di recente. È il passaggio esistenziale dall’età giovanile a quella adulta. La società occidentale l’ha adottato con una prova di massa. È una fase di crescita intellettuale ed emotiva. Non si tratta solo di dimostrare di possedere conoscenze e di saperle organizzare, ma anche di gestire ansia e tensione. È una sfida con se stessi, con le proprie paure ed incertezze, e con la commissione incaricata di valutare». Voi commissari d’esame come misurate la maturità? «Personalmente, vivo questo compito con un atteggiamento di curiosità. Sono abituato a lavorare con gli studenti e con i colleghi. Ogni due anni mi confronto con il loro lavoro. Ciò non significa accettare tutto; si valutano anche i difetti, ma senza la presunzione di disporre dell’unico punto di vista corretto. Si fa un lavoro d’équipe, concentrato in tre settimane». Quale punto di partenza può essere il diploma, in termini sostanziali, per la vita dei giovani d’oggi? «Per gli studenti liceali seguirà lo step universitario. Per tutti conta il fatto di arrivare al diploma con una preparazione di anni alle spalle. E questa, se ben fatta, può dare qualcosa che non si potrà avere in futuro. In questo senso, la scuola superiore ha un valore e offre una chance. Chi sa coglierla, poi all’università mette a frutto le proprie attitudini e quanto ha imparato, anche ciò che apparentemente non serviva a niente». Sono giorni di ansia e di stress per centinaia di studenti comaschi dell’ultimo anno delle superiori impegnati in un ripasso onnicomprensivo. Quale consiglio si può dare? «Direi loro di tenere presente tre cose. Prima di tutto di vivere questa situazione consapevoli che è ansiogena. Una certa tensione è normale e va accettata. Poi, aggiungerei che i consigli devono essere ad personam, funzionali alla situazione di ognuno, e può darli l’insegnante che conosce bene gli studenti. Da ultimo, vorrei dire che l’esame si costruisce almeno nel corso dell’intero triennio e non due mesi prima… È una progressione, è la costruzione, poco per volta, di capacità e conoscenze». Quanto incide nella valutazione finale l’andamento dell’intero percorso scolastico e quanto la resa nelle prove di maturità? «C’è chi è più fortunato per il kairòs, il momento culminante, ma chi si approccia bene ha dietro un percorso, non si affida al caso. Il ruolo della fortuna è molto diverso se alle spalle c’è una buona preparazione. Il risultato, in buona misura, è costruito prima». Pesano di più le prove scritte o quella orale? «Al di là della norma che quantifica i punteggi (15 punti al massimo per ognuno dei tre scritti; 25 di crediti; 30 per il colloquio), fare un buono scritto significa iniziare bene l’esame e aiuta dal punto di vista psicologico. Direi che la prova più difficile è la seconda, quella specifica per ciascun indirizzo. Se lo studente sente di aver superato con accettabile competenza le prime due prove, viaggia in discesa. Al colloquio, il candidato è già stato fotografato». Qual è l’approccio giusto nel giorno del colloquio, la prova orale? «È bene sapere che le commissioni tengono conto dell’emotività degli studenti e cercano di metterli a proprio agio anche per non inquinare la capacità di misurazione. Se c’è stress, i commissari aiutano a mettersi in carreggiata perché diano il meglio di sè. L’importante è che il candidato non si spacci per ciò che non è. Questo non significa essere sciatti, ma mostrarsi per la preparazione che si ha. Bisogna essere onesti, perché il gioco è facilmente scoperto. E si fa brutta figura». Marco Guggiari