Beccaria non riposa sul Lario

Curiosità storiche – La tomba del grande illuminista non è a Sala Comacina, che ospita invece i resti del figlio Giulio Sala Comacina è il paese che ospita la tomba di Cesare Beccaria. Almeno così sembrava fino a un paio di anni fa leggendo il cartello turistico, che si poteva incontrare lungo la Regina e che la Comunità Montana ha fatto togliere, o sfogliando le pagine web di alcuni siti, come quello all’indirizzo www.cadenabbiadigriante.com, che recita: «A Sala Comacina, in località Puncia, si trova Villa Beccaria con la tomba dell’illustre giurista Cesare Beccaria». Anche per il sito dell’assessorato alla Cultura dell’amministrazione provinciale che risale all’allora assessore Edgardo Arosio e che è ancora online (occorre cercare su Google http://cultura.provincia.como.it/cultura/culturascuola/sala.htm) la sepoltura dell’intramontabile autore Dei delitti e delle pene si erge a Sala. Si legge, infatti, «dal porticciolo di Sala una comoda passeggiata pedonale si snoda nel verde tra gli antichi muri delle ville: tagliando la penisoletta della Puncia si fiancheggia il parco privato della villa Beccaria con la tomba di Cesare Beccaria». In realtà non è così. I resti dell’illuminista milanese non riposano sulle rive del Lario, ma in una fossa comune del cimitero di San Gregorio, fuori Porta Orientale a Milano. Quando la morte lo colse improvvisamente, diciotto mesi prima che la Rivoluzione francese arrivasse anche in Lombardia, le sue spoglie furono, infatti, collocate in una sepoltura promiscua, suscitando lo scandalo dell’amico Pietro Verri che, nel 1797, in una seduta della Municipalità di Milano, prese la parola per deprecare il fatto esclamando: «Dov’è il sepolcro dell’immortal Beccaria? Qual monumento di riconoscenza avete eretto, o Milanesi, a quel sublime genio, che fra le tenebre comuni osò slanciarsi ad indicar il gran problema della scienza sociale, la Massima felicità divisa sul maggior numero?». Ma allora qual è il ruolo di Sala Comacina nella vita dello scrittore? Effettivamente in paese esiste la villa, che appartenne alla famiglia dei Beccaria e che accoglie anche i resti mortali di Giulio, figlio che Cesare ebbe dalla seconda moglie Anna Barbò, sposata il 4 giugno del 1774, anno in cui, il 17 marzo, aveva perso la prima consorte Teresa Blasco, che a sua volta gli aveva dato due eredi: Giulia, madre di Alessandro Manzoni, e Maria nata con gravi problemi fisici e mentali. Nel giardino della storica dimora affacciata sul Lago di Como si eleva il monumento funebre di Giulio e della moglie Antonia Curioni, eretto nel 1858 con una struttura a tempietto, sotto il quale è collocata la statua di una giovane donna orante, realizzata dallo scultore Bassano Danielli. All’interno della villa Giulio Beccaria era solito ricevere gli amici giuristi e filosofi. Alla sua morte l’edificio passò alla figlia dello storico Cesare Cantù e di Antonia Beccaria Bonesana, Rachele, moglie del deputato al primo parlamento italiano di Firenze Angelo Villa Pernice. Qui l’uomo, che stabilì sul lago la sua fissa dimora, riunì un salotto letterario noto come “Accademia dei pedanti”, frequentato da nomi illustri, quali Antonio Fogazzaro, il duca Tommaso Gallarati Scotti e il direttore dell’Archivio del Castello Sforzesco di Milano Ettore Verga. Alla morte di Rachele Cantù la villa passò in eredità a Rachele Martelli, moglie dello scrittore Emilio de Marchi, che ambientò all’interno della proprietà, che da allora prese il nome di Villa Rachele, il suo romanzo dal titolo Col fuoco non si scherza. Oggi la struttura è proprietà privata. E al suo interno non riposa Cesare Beccaria. Cristina Fontana