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Tutti i rischi di una possibile crisi della democrazia

Il dariosauro di Dario Campione Il voto di domenica e lunedì scorsi ha messo in luce alcuni elementi di fondo, accolti in modo praticamente unanime da tutti i commentatori e gli analisti politici. Nell’ordine: il tracollo del Pdl e della Lega, la dissoluzione del cosiddetto “Asse del Nord”, il trionfo dell’antipolitica in salsa grillina, la tenuta “statica” del Partito Democratico, la scarsa consistenza del progetto culturale ed elettorale promosso dal Terzo polo, il forte astensionismo. Una lettura più approfondita e per questo necessariamente meno univoca – nei singoli territori resistono specificità non riducibili a dati assoluti – evidenzia però altre questioni. Alcune delle quali, peraltro, venute a galla già da tempo e oggi esplose in modo fragoroso. La prima riguarda la crisi della rappresentanza. Come ha suggerito in modo piuttosto lucido Nadia Urbinati, «si assiste» ormai da molti anni «a un processo di rimozione della mediazione dei partiti» e di ogni altra organizzazione di rappresentanza sociale di tipo tradizionale. Esplodono forme di democrazia diretta indotte anche (e soprattutto) dal gigantesco potenziale delle tecnologie informatiche. Una democrazia, però, per certi aspetti assolutamente “virtuale”, in cui la Rete ha assunto sembianze facilmente equivocabili. Urbinati definisce questo fenomeno «Populismo autointerpellante». In modo più semplice, si potrebbe parlare di compiacimento elettronico, di autosufficienza mediatica. L’idea, cioè, che la partecipazione possa avvenire soltanto attraverso il web. E che i passaggi comunicativi tra social network, blog e aggregatori di notizie siano la linfa della stessa democrazia. Il partito tradizionale, modellato sulla società d’inizio Novecento, è sicuramente entrato in una fase critica. Le sezioni, le tessere, i gradini della carriera politica, sono visti come antiquariato di terz’ordine, modernariato. Anche a causa della degenerazione dei partiti, diventati nel tempo strumenti di pura gestione del potere. E tuttavia, qualcosa di quel vecchio e arrugginito sistema andrebbe (e potrebbe essere) salvato. Ad esempio, il metodo di selezione della classe dirigente. Altra grande questione oggi non più rinviabile. Sulla scena, nella società liquida, si affacciano molti parvenu. Alcuni dotati sicuramente di buonsenso e animati dalle migliori intenzioni. Altri totalmente digiuni di ogni cultura politica. Le grandi adunate, anche quelle sul web, sono la negazione della democrazia. Che, diceva Rousseau, si sviluppa sempre nel silenzio della riflessione di ciascuno. La crisi odierna, crisi di identità e di partecipazione, si esprime con il rifiuto – giusto e persino inevitabile – dei partiti corrotti e incapaci di proporre le riforme necessarie. Ma rischia di produrre effetti disastrosi. Ancorché inavvertiti. Di questo parliamo stasera, in diretta su Etv, a partire dalle 23. Ospite in studio, lo storico Antonio Orecchia. Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

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