Siringhe e sporcizia sotto i tetti fantasma della ex polveriera di Como

Sabato 21 Aprile 2012 Il deposito di Albate La struttura è diventata negli anni un rifugio per disperati, sbandati e tossicodipendenti Il cancello è aperto. A dispetto dei numerosi cartelli gialli con l’indicazione di pericolo e di divieto di ingresso, con tanto di disegni di un inequivocabile teschio, giusto per rafforzare l’idea. Alla ex polveriera di Albate si accede tranquillamente dall’ingresso principale, senza bisogno di cercare buchi nella recinzione o varchi nel muro di cinta. Lo stato di conservazione e manutenzione di quanto si intravede oltre il cancello, a dire il vero, non invoglia particolarmente a varcare la soglia. «Guardi che schifo – fa notare un pensionato a passeggio con il proprio cane lungo il sentiero che porta alla struttura, in disuso dal 1975 – Non si può più andare nemmeno a camminare in quella zona. È pericoloso». Effettivamente, è impossibile negare che varcare il cancello comporti più di un pericolo. Innanzitutto, ciò che resta degli edifici della polveriera – da quelli che erano gli alloggi dei militari alle garitte, fino ai depositi nei quali venivano conservate le armi – rischia di crollare da un momento all’altro. Le strutture sono pericolanti e in molti casi a terra sono ben evidenti gli effetti dei crolli che si sono susseguiti nel tempo. Inoltre, camminare nell’area significa fare un percorso a ostacoli tra cocci di vetro, siringhe e cumuli di rifiuti abbandonati. Per non parlare della assoluta mancanza di manutenzione del verde, con arbusti e rami che crescono senza controllo ma anche alberi secchi pericolanti o adagiati sugli stessi edifici. L’area circostante, è giusto dirlo, ha un aspetto completamente diverso. Il complesso è inserito nel Parco della Spina Verde e, attorno alla ex polveriera, i boschi sono puliti e ben tenuti, così come i sentieri, contrassegnati da apposite indicazioni utili per chiunque arrivi in questa zona per un’escursione. Il complesso utilizzato dall’Esercito fino al 1975 e acquistato nel 2009 dal Comune di Como fa però storia a sé. È un vasta struttura completamente abbandonata al suo destino, off-limit da anni, almeno ufficialmente. Perché nella realtà, è evidente, il complesso della ex polveriera è diventato negli anni un rifugio per disperati, sbandati e tossicodipendenti, come mostrano inequivocabilmente i rifiuti abbandonati a terra, soprattutto all’interno dell’edificio principale. Davanti ai fabbricati pericolanti e ai ruderi ricoperti dalla vegetazione è ben difficile immaginare che – come annunciato da Palazzo Cernezzi – entro 18 mesi il complesso sarà completamente rimesso a nuovo e potrà ospitare un centro di recupero e riabilitazione per persone in difficoltà. Le incognite che pesano sull’eventuale operazione di recupero sono molteplici, a partire dai costi dell’intervento, che di fatto dovrebbe prevedere un rifacimento totale delle vecchie strutture ormai distrutte. I soggetti interessati all’operazione hanno una decina di giorni di tempo per presentare al Comune progetti, proposte e idee. Non resta che attendere e sperare che qualcuno si faccia avanti. Il cancello è aperto. Anna Campaniello