La tassista di Como: «La mia vita alla guida»

La tassista di Como: «La mia vita alla guida»

La storia di Giovanna Valsesia «I miei genitori hanno ipotecato la casa perché io avessi la licenza» «Tre anni fa io ho incominciato questo lavoro grazie alla disponibilità dei miei genitori a ipotecare la loro casa perché potessi acquistare la licenza. Adesso che cosa accadrà?». Giovanna Valsesia, 28 anni, originaria di Moltrasio, una delle cinque donne tassiste di Como, non nasconde l’angoscia. Ecco la sua storia e le particolarità di questo mestiere coniugato al femminile. Com’è nata la passione per il taxi? «Da mio padre, conducente di autobus, e dal fatto che io amo molto guidare. Anche in compagnia ho sempre voluto guidare io…». Occorrono qualità particolari? «La pazienza verso gli altri e la spigliatezza nella guida. In più, grande attenzione: c’è gente che affida la propria vita a me. Il nostro è un lavoro con molte sfaccettature; si incontrano tante persone diverse. Per farlo bene bisogna saper ascoltare ed essere gentili». Le capita di lavorare anche di notte? «Sì, sta a noi organizzarci per coprire tutte le fasce orarie, notte inclusa. Adesso l’attività è in calo. Como, inoltre, ha pochi locali notturni per i giovani. Sicché, di notte lavoriamo più che altro con l’ospedale». Quali sono i disagi maggiori del suo lavoro? «Il freddo, il caldo… Sì, l’ambiente. Di fatto, noi siamo in piazza». E le soddisfazioni? «Conoscere le persone e fare tante esperienze. Ogni giorno io imparo qualcosa di nuovo, sempre». Le è mai capitata qualche disavventura nel suo lavoro? «Sì, clienti che non vogliono pagare: fuggono, fingono di salire in casa a prendere i soldi e non tornano più. Capita con chi è in giacca e cravatta, come con chi ha l’aspetto del poveraccio. Poi c’è qualche ubriaco. Sono gli incerti del mestiere». Ha mai avuto paura? «Solo nei primi mesi di attività. All’inizio c’è sempre timore. Finora a me è andata bene. Ci sono colleghi che si sono sentiti puntare qualcosa a un fianco e sono stati rapinati». Quante corse fa, in media, al giorno? «Dipende. D’estate anche 15-16. D’inverno 5 o 6. Como è una città turistica, ma limitatamente alla bella stagione, per i colori del suo lago, per i fiori che sbocciano». Qual è il guadagno medio mensile di un tassista a Como? «La maggior parte delle nostre corse è da 7-8 o 10 euro. D’estate va bene perché ci sono tante piccole corse, dal ristorante all’albergo, alla piscina, a Brunate. Naturalmente, sui nostri guadagni paghiamo le tasse e affrontiamo un sacco di altre spese. Non abbiamo ferie e all’assicurazione sulla malattia dobbiamo badare noi stessi». Cosa pensa della liberalizzazione delle licenze? «Ci stanno rovinando. Se servisse a migliorare il servizio, capirei. Ma venga a vedere la situazione nei nostri punti di raccolta. Beviamo una quantità incredibile di caffè ogni giorno pur di riuscire a scaldarci al bar. Le liberalizzazioni, a Como, non possono aumentare i posti di lavoro. E le tariffe non si abbasserebbero: qualcuno acquisterebbe tante licenze, diventando monopolista. La corsa costerebbe di più. Intanto ci sono colleghi pensionati che speravano di poter vendere la loro licenza, mettendo a frutto i sacrifici fatti e invece niente». Lei come ha avuto la sua licenza? «L’ho pagata 130mila euro la mia licenza. Lo Stato incitava i giovani al lavoro in proprio, a crearsi un proprio futuro. Io ci ho provato. Adesso sono in crisi. Tremo pensando a cosa sarà. Come faccio a dire ai miei genitori: “Dovete uscire di casa perché se la prende la banca”?. Non ho avuto tempo di guadagnare abbastanza per coprire il costo della licenza». Com’è Como vista da chi, come lei, la percorre ogni giorno in lungo e in largo? «È una città bellissima. Io amo Como. Ci sono luoghi invidiabili; manca invece l’organizzazione. però non mi chieda in cosa: manca in tutto… È una città antica, con una mentalità antica. Un tempo c’era la seta. Adesso è solo turistica. Ma per il bel paesaggio». Marco Guggiari